Progetti in Egitto


Tra i profughi sudanesi ed eritrei in Egitto

L’Egitto è un grande paese oggi nelle spire della trasformazione, come molti altri del mondo arabofono. Qui come altrove, la primavera araba iniziata alla fine del 2011, stenta a realizzare le sue promesse e spesso lascia intravvedere ancora lunghi inverni. In Egitto troviamo la più grande minoranza cristiana presente nel mondo arabo isalmico: il 10% della popolazione è di religione cristiano copta.

A partire dal lontano 1883, l’Egitto ha costituito il punto di partenza di Daniele Comboni prima e dei comboniani poi per la loro penetrazione in Sudan e nel resto dell’Africa. Oggi in Egitto lavorano circa 20 membri dell’Istituto Comboniano e fra essi padre Giuseppe Cruciani, originario di sant’Angelo in Pontano, in diocesi di Fermo. Sono impegnati soprattutto al servizio dei rifugiati, particolarmente quelli oriundi dal Sudan e dal Corno d’Africa. L’obiettivo della loro presenza missionaria è quello di costruire “ponti” con la società mussulmana attraverso scuole, dove studenti Cristiani e Mussulmani apprendono insieme, ed attraverso l’istituto “Dar Comboni” (Istituto di Studi Arabi ed Islamici), il cui intento è favorire dialogo con il mondo islamico locale ed offrire a personale laico e religioso le basi necessarie per vivere ed operare in comunità cristiane inserite nel mondo islamico.

Padre Giuseppe Cruciani fra i profughi eritrei di Aswan

Padre Giuseppe Cruciani fra i profughi eritrei di Aswan

Da qualche anno l’associazione ALOE Onlus, entrata in contatto con il comboniano fermano p. Giuseppe Cruciani, appoggia con piccioli finanziamenti il loro lavoro a favore dei profughi sia sudanesi (Cairo) che eritrei (Aswan).

 

PROGETTO
  • Appoggio alla presenza dei comboniani nei campi profughi sudanesi del Cairo
  • Appoggio alla presenza dei comboniani nel campo di prigionia per profughi eritrei ad Aswan

VISITE AI PRIGIONIERI IN ASWAN
“Ero prigionieri e mi avete visitato”

Carissimi,

sta per terminare il mio 51° anno di sacerdozio nel ricordo delle celebrazioni dell’anno scorso ed ho pensato di fare una revisione dell’attività principale che il Signore mi ha chiamato a svolgere qui nella Missione di Aswan: la visita ai prigionieri.

Questa opera di misericordia è stata sempre svolta dai Comboniani in Aswan, fin dall’inizio della fondazione. Allora anche molti italiani, per colpi di sole nel lavoro alle cave di granito, “perdevano la testa” e finivano in carcere od in ospedale. Da qualche anno c’è l’emergenza “prigionieri eritrei e alcuni etiopici”. Su questo campo hanno lavorato un comboniano e una comboniana eritrei con la facilità dell’uso della loro lingua. In loro assenza si prestano anche gli altri Padri e Suore delle due Comunità.

Io ho ripreso questo servizio dopo il mio rientro dalle vacanze la metà di settembre 2011.

In genere andiamo a visitare i prigionieri la domenica mattina dopo la Messa copta, dato che i volontari che mi accompagnano sono di rito copto. Come vedi nella cronaca, cerco di cambiare “volontari” cosicché, vedendo la situazione, non si lamentano tanto delle difficoltà della vita quotidiana, dato che, in mancanza di turisti, sono senza lavoro…. Ma quelli “dentro” non hanno né libertà né futuro, soprattutto dopo che Israele non accetta immigrati, e le ambasciate restringono sempre più i permessi di soggiorno.

Oltre alle cose di prima necessità, vestiti, medicine, quello che gradiscono di più è poter telefonare ai loro cari. Andiamo che diversi cellulari, ma non sempre ci permettono di usarli. In caso negativo, ci facciamo dare i loro numeri telefonici che io mando ad amici eritrei in Cairo, da dove riescono meglio e con la loro lingua a connettersi con gli interessati in Eritrea o altrove. Se hanno dei parenti all’estero, sotto richiesta di questi, possono sperare di emigrare per un migliore avvenire. Oppure, pagando, s’intende, saranno rimpatriati o in Eritrea o nel campo profughi in Etiopia. Quelli di loro che erano nell’esercito non vogliono ritornare in Eritrea, perché sarebbero dichiarati traditori e quindi “spariscono!”.

E pensare che per venire fuori dal loro paese, hanno dovuto pagare in successione ai “trafficanti di carne umana” che possono diventare “trafficanti di organi!”. E quando subodarono questo pericolo … scappano … ma senza documenti, possono essere raggiunti dalle pallottole o dei trafficanti o dei soldati di frontiera.  Se rimasti feriti, vengono recuperati dai soldati di frontiera e sono portati all’ospedale o civile o militare, a seconda della gravità. Ne abbiamo assistiti alcuni, che ci dicevano di essere stati “fortunati”, perché hanno visto i loro colleghi uccisi! Che ne fanno dei cadaveri?!!!.

Per aiuti in vestiario, medicine, ed altro trovo molta collaborazione dai parrocchiani in Aswan. Tuttavia occorrono forti somme per pagare i rimpatri. Alcuni vengono aiutati da parenti od amici dall’estero o dal loro paese, ma la maggior parte non ha alcuna possibilità finanziaria, quindi cerchiamo di tendere la mano alle organizzazioni umanitarie o ad amici.

Noi collaboriamo con volontari della chiesa ortodossa e di quella protestante in visite separate per facilitare gli incontri e poter soddisfare tutte le loro richieste.

Troviamo cooperazione anche da parte delle autorità della prigione, anche perché creiamo un po’ di relax ai detenuti durante le visite di 1-2 ore. Hanno il permesso di scendere in cortile dai loro 15 stanzoni dove sono concentrati nei due piani del fabbricato. E poi fanno un po’ di amicizia con i visitatori.

           P. Cruciani Benito-Giuseppe mccj

 

 

LETTERE

Carissimi,

sono riuscito a farmi dare dai miei collaboratori alcune foto che essi hanno potuto scattare alla nostra visita alla prigione di Shellal, dove sono concentrati i prigionieri e prigioniere in maggioranza eritrei.  Intanto si sta svolgendo la partita Italia-Germania. Anche nei caffè e clubs qui ad Aswan hanno messo televisori e schermi all’aperto per gli amanti dello sport egiziano e altro.

In genere andiamo a visitare i prigionieri alla domenica mattina dopo la Messa copta, dato che i volontari sono di rito copto. Quelli che vedi nelle foto annesse, sono quelli che mi hanno accompagnato due domeniche fa. Ma ci sono altri giovani parrocchiani che vogliono partecipare, ed io ne sono contento, così non si lamentano tanto delle difficoltà della vita quotidiana, dato che, in mancanza di turisti, sono senza lavoro…. Ma quelli dentro: 120 uomini, e 20 donne, due con rispettivo bimbo, non hanno né libertà ne futuro, soprattutto dopo che Israele non accetta immigrati, e gli eritrei residenti li ha concentrati in campo profughi.

Oltre alle cose di prima necessità, vestiti, medicine, quello che gradiscono di più è poter telefonare ai loro cari. Andiamo che diversi cellulari, ma non sempre ci permettono di usarli. In caso negativo, ci facciamo dare i loro numeri telefonici che io mando ad amici eritrei in Cairo, da dove riescono meglio e con la loro lingua a connettersi con gli interessati in Eritrea o altrove. Se hanno dei parenti all’estero, sotto richiesta di questi, possono sperare per un migliore avvenire. Oppure, pagando s’intende, saranno rimpatriati o in Eritrea o nel campo profughi in Etiopia. Quelli di loro che erano nell’esercito non vogliono ritornare, perché sarebbero dichiarati traditori e quindi “spariscono!”.

E pensare che per venire fuori dal loro paese, hanno dovuto pagare in successione ai “trafficanti di carne umana”  che possono diventare “trafficanti di organi!”. E quando subodarono il pericolo… scappano… ma non avendo documenti, possono essere raggiunti dalle pallottole o dei trafficanti o dei soldati di frontiera. Alcuni li hanno visti morire sul posto (che ne fanno dei cadaveri?!!!), altri sono rimasti feriti e ricuperati e portati all’ospedale o civile o militare, a seconda della gravità. Ne abbiamo assistiti alcuni, che ci dicevano di essere stati “fortunati”!

Per aiuti in vestiario, medicine, ed altro trovo molta collaborazione dagli amici in Aswan. Tuttavia occorrono forti somme per pagare i rimpatri. Alcuni vengono aiutati da parenti od amici dall’estero o dall’Eritrea, ma la maggior parte non ha alcuna possibilità finanziaria, quindi cerchiamo di tendere la mano alle organizzazioni umanitarie o ad amici.

Troviamo cooperazione da parte delle autorità della prigione, anche perché creiamo un po’ di relax per i detenuti durante la visita che dura 1-2 ore. Almeno per le nostre visite questi 120 uomini possono scendere in cortile dai loro 15 stanzoni in due piani, dove sono concentrati. E poi fanno un po’ di amicizia con i visitatori.

Con la gioia della vittoria italiana che significa “notte bianca….” Almeno per lo sport tiriamo il fiato…. Sarà un po’ triste la Angela Merkel……

A risentirci, e soprattutto con la preghiera per quella pace mondiale che solo Dio può concederci, così ognuno a casa sua…..

 Vigilia della festa SS. Pietro-Paolo 28.6.2012
P. Giuseppe Cruciani mccj

ASNPrigionieShellal29.1.12

 EritreeRomaniSavioRami Io19.06.12

 

 

GALLERIA FOTOGRAFICA

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