Social Media e Adolescenti: opportunità, rischi e ruolo dei genitori


Il gruppo “Famiglie per l’Adozione” dell’associazione ALOE OdV, propone questo secondo incontro sul ruolo pervasivo dei Social Media per il mondo adolescenziale, con i suoi rischi, opportunità e ruolo dei genitori. I social media sono oggi parte integrante della vita dei nostri figli: strumenti di informazione, svago e apprendimento, capaci di creare connessioni anche a distanza. Possono rappresentare un’importante risorsa, soprattutto per ragazzi che vivono situazioni di isolamento sociale, come nel caso dei cosiddetti Hikikomori. Tuttavia, un utilizzo massiccio e poco consapevole di queste piattaforme può avere anche effetti negativi: dipendenza, bassa autostima, ansia, depressione, solitudine, cyberbullismo, violazioni della privacy e persino comportamenti estremi legati a sfide online. Le domande che ci sono state poste nel corso di questo incontro sono state le seguenti: Come possiamo riconoscere i segnali di disagio e intervenire in modo efficace? Come possiamo, come genitori, accompagnare i nostri figli in un uso sano e consapevole dei social media?

Sintesi audio

Registrazione dell’incontro

Social Media ed Adolescenti: opportunità, rischi, ruolo dei genitori

Introduzione a cura di Michela Tufoni

Questo incontro è organizzato nell’ambito del progetto “Famiglie per l’Adozione” dell’associazione Aloe. La relatrice dell’incontro è la dottoressa Cristiana Malaspina, psicologa in formazione psicoterapeuta, con una grande esperienza nel mondo degli adolescenti, sia come formatrice che come educatrice nelle scuole e nelle comunità.

L’argomento della serata è il rapporto tra gli adolescenti e i social media. I social media sono ormai molto presenti nella nostra quotidianità, sia per i ragazzi sia, inevitabilmente, per noi adulti, e per i genitori possono rappresentare una vera sfida educativa. Si parlerà anche di isolamento sociale, un fenomeno in cui i social media possono essere talvolta funzionali alla socializzazione, ma altre volte si rivelano disfunzionali e favoriscono l’isolamento.

Lascio la parola alla dottoressa Cristiana Malaspina, che ci accompagnerà in un’interessante riflessione su questo argomento. Grazie

Intervento della Dott.ssa Cristiana Malaspina

I Social Media: Non da Demonizzare

Buonasera a tutti. Grazie per la vostra partecipazione. L’argomento è caldo e attuale, e intercetta una fascia d’età molto ampia, dai ragazzi di otto anni fino ai quindici anni e oltre.

Ci tengo a precisare subito che stasera non demonizzerò i social. Fanno parte della nostra quotidianità, e andremo a vedere sia come li vivono i ragazzi, sia quali sono le risorse che ci offrono, oltre ai limiti. I limiti li conosciamo tutti abbastanza bene, ma a volte ci dimentichiamo che i social possono darci anche delle risorse.

I Social come Ambiente di Vita e Rete Emotiva

Per i ragazzi, i social sono dei veri e propri ambienti di vita. Funzionano come un contenitore, un luogo dove si incontrano. Ai miei tempi, ci si incontrava nelle piazze, al catechismo, nelle ludoteche; questi luoghi di aggregazione si sono in parte persi, e i social sono diventati per loro un luogo sicuro e contenitivo.

È contenitivo perché è un luogo di confronto dove possono parlare e sperimentare senza esporsi completamente in una fase di cambiamento importante. L’adolescenza, infatti, è un periodo di cambiamento non solo emotivo e fisico, ma anche nelle relazioni e negli affetti. Già dalla preadolescenza, la relazione con i genitori cambia (inizia lo scontro) e le relazioni affettive con i pari iniziano a essere importanti.

I ragazzi cercano nei social:

  • Appartenenza e Riconoscimento : Il desiderio di appartenere a un gruppo è fondamentale e i social offrono un luogo dove chiacchierare, anche nascondendosi un po’ e non svelandosi completamente.
  • Confronto e Partecipazione : Anche il gioco online è un momento aggregativo.
  • Evasione dall’ansia di alcune emozioni: Di fronte a stati ansiogeni, i social possono essere utili per il confronto.
  • Conoscenza : La rete non è solo trasgressione, ma un elemento di ricerca e conoscenza, una “rete emotiva” di condivisione con gli amici.

Matteo Lancini, luminare nel campo degli adolescenti, afferma che: “I ragazzi non cercano trasgressione nei social, ma riconoscimento”. Ci riconosciamo nell’altro nel momento in cui condividiamo qualcosa in comune.

Quando l’Uso Diventa Dipendenza

Il genitore comincia ad andare in allarme quando il ragazzo è costantemente con il telefono in mano, magari senza un orario definito, a “scrollare” sui social come TikTok o Instagram. L’appartenenza a un gruppo (anche attraverso il seguire gli influencer) è fondamentale; chi non segue le tendenze rischia di essere etichettato come “sfigato”.

La dipendenza si manifesta quando non possono farne a meno. Lo notiamo quando:

  • Non lasciano mai il telefono.
  • Diventano irascibili se si chiede un confronto o si propone un’alternativa.
  • Scegono di rimanere a casa con il telefono piuttosto che uscire o fare attività.

Questo porta all’isolamento , un ritiro dagli altri dettato da paure, questioni emotive o difficoltà a interagire.

La Sfida Educativa e il Ruolo dei Genitori

La sfida educativa per il genitore è: Mio figlio preferisce rimanere a casa piuttosto che uscire. Dobbiamo porci delle domande:

  1. Per quale motivo preferisce rimanere a casa?
  2. Cosa gli offre la rete che non riesce a trovare fuori?
  3. Qual è la difficoltà che il ragazzo incontra uscendo?

Il ruolo dei genitori è difficilissimo, così come quello degli insegnanti e degli educatori. Il ruolo principale è quello di ascoltare senza giudicare. Istintivamente ci verrebbe da dire “Spegni quel telefono ed esci!” , ma dobbiamo fare un passo indietro per capire cosa offre il social e qual è il motivo per cui è lì.

Dobbiamo interessarci, ma non controllare. Ci si interessa parlando con loro, chiedendo cosa guardano e cosa piace. Si può proporre di guardare qualcosa insieme o fare delle attività. Quando i ragazzi si sentono ascoltati e coinvolti, diventano curiosi. Se non si sentono all’altezza o gratificati, spengono la curiosità.

L’adulto di riferimento deve dare l’esempio. Se un bambino vede i genitori sempre al telefono, tenderà a emulare quel comportamento. È nostro compito offrire opportunità e attività diverse, dialogando con i ragazzi.

Limiti e Regole

Le regole devono essere condivise, frutto di un compromesso e di una negoziazione con il ragazzo. È fondamentale mantenere gli impegni presi.

È complesso togliere il telefono a un adolescente, ma è importante ritagliarsi degli spazi condivisi senza dispositivi, come il pranzo, la cena o altri momenti conviviali. Dobbiamo dare loro anche uno spazio emotivo, perché il social spesso tende a spegnere le emozioni e il pensiero: se siamo ansiosi o arrabbiati, “scrolliamo” sui social per alleggerire il pensiero.

L’Isolamento e il Fenomeno Hikikomori

L’isolamento legato ai social si divide in due tipi:

  1. Isolamento causato dai social (per questioni emotive).
  2. Isolamento in cui i social permettono di avere relazioni.

Quest’ultimo riguarda il fenomeno degli Hikikomori (termine giapponese: hikikomoru significa “isolarsi, stare in disparte”). È un fenomeno sviluppatosi in Giappone dagli anni ’80, e in Italia i casi sono aumentati tantissimo. In Italia esiste l’Associazione Italiana Hikikomori, fondata da Marco Crepaldi.

Gli Hikikomori si isolano perché non riescono a sostenere ciò che la società richiede: l’elevata velocità e competitività nel pensare, nel fare, e le richieste della scuola e del lavoro. Il fenomeno inizia nell’adolescenza, ma può proseguire fino ai 30-40 anni.

Gli Hikikomori si rinchiudono in casa, isolandosi totalmente dalla società reale per vivere in una società in rete. Questo permette loro di rimanere connessi, di lavorare e di condividere stati emotivi e difficoltà nel relazionarsi.

Dietro l’isolamento digitale c’è spesso il bisogno di proteggersi dal giudizio. L’adolescenza è il periodo più critico a causa delle pressioni scolastiche e sociali, oltre ai grandi cambiamenti (corporeo, emotivo, di scuola). Molti Hikikomori riferiscono di sentirsi “fuori posto” o “non all’altezza” delle aspettative sociali, scolastiche o familiari e scelgono il ritiro per proteggersi dal dolore.

Ribadiamo l’importanza del dialogo, dell’attenzione e dell’ascolto attivo senza giudizio. L’Hikikomori non è una dipendenza da internet, ma i social in questo caso permettono proprio al soggetto di connettersi con la realtà e con l’altro.

Risorse di un Sano Utilizzo dei Social

Le risorse di un utilizzo consapevole dei social includono:

  • Contributo alla creatività e all’autoespressione.
  • Possibilità di diventare una vera e propria comunità e sostegno.
  • Capacità di favorire la conoscenza e stimolare la curiosità.
  • Un’azione di educazione informale (conoscenza non diretta).

L’Educazione alla Rete e il Monitoraggio

Il mondo dei social è vasto e include aspetti come il cyberbullismo e il sexting (la conoscenza della sessualità attraverso i social). In questo senso, è fondamentale il monitoraggio da parte dei genitori, poiché per i ragazzi è una scoperta. Spesso i ragazzi inviano foto intime senza avere quel pensiero critico che impedirebbe loro di non capire che l’altro potrebbe inoltrarle.

Quando educare alla rete? Bisognerebbe iniziare fin da subito con l’ascolto, ma è fondamentale intervenire quando i ragazzi chiedono il telefono, cosa che avviene molto presto (a volte alle elementari, sicuramente alle medie).

Suggerimenti per l’Educazione:

  • Dare degli orari e dei tempi.
  • Guardare i contenuti insieme (soprattutto con i preadolescenti).
  • Offrire alternative interessanti e passioni da coltivare insieme.

Il punto di riferimento per l’adolescente resta la famiglia. Se i genitori propongono, i ragazzi accettano e vengono coinvolti, diventando propositivi, scoprendo passioni e rafforzando la relazione.

Dobbiamo costruire un rapporto di fiducia, dare il buon esempio e valorizzare il dialogo e i momenti di condivisione.

Matteo Lancini ci ricorda che: “Un figlio connesso è un figlio che cerca di esistere, aiutiamolo a farlo in modo autentico”. Per i ragazzi, l’idea è: “Sono in rete, sono connesso, quindi ci sono”.

Se un quattordicenne non ha il telefono, viene giudicato dal gruppo dei pari come uno “sfigato”. Per questo, è importante accompagnarli nell’uso del social. È come insegnare ad andare in bicicletta: c’è un accompagnamento graduale, fino a quando non imparano a usare lo strumento e a comportarsi. I social hanno la stessa modalità.

La rete va monitorata e dobbiamo aiutarli a comprendere quali contenuti possono valorizzare loro stessi, le loro passioni e le loro attitudini. Se il ragazzo è stimolato, utilizzerà il telefono e i giochi nella modalità giusta.

Anche se si isolano giocando con le cuffie, in realtà sono tutti in connessione. Questo contesto aiuta anche ragazzi con disabilità o chi fa più fatica nell’integrazione a potersi mettere in contatto con gli altri: la rete abbassa le barriere.

In conclusione, ciò che dobbiamo fare affinché i ragazzi non ricerchino lo strumento social/rete per potersi riconoscere, è prima di tutto riconoscerli come persone che stanno cambiando. Dobbiamo lasciare il loro spazio emotivo per accompagnarli verso un’autonomia anche nell’uso dei social.

Discussione e Contributi del Pubblico

Si apre la discussione con la platea.

Esperienza 1: Il Contro-Controllo del Figlio Una partecipante racconta la sua esperienza: “Mio figlio, più grande, mi ha installato un’app per misurare il mio tempo di utilizzo del telefono. Mi ha detto: ‘Mamma, stai peggio di me! Puoi metterti anche tu un blocco’. Si è in un certo senso ‘vendicato’. All’inizio usavamo Family Link che bloccava e contava le ore, ne parlavamo insieme.”

Dottoressa Malaspina: “Questo dimostra che c’è un buon dialogo e che il ragazzo ha un pensiero critico sul tuo tempo di utilizzo. ‘Stai peggio di me’ è un segnale che va raccolto.”

La partecipante aggiunge che i ragazzi giudicano gli adulti anche in base ai social che frequentano: Facebook è considerato superato (da boomer), e le loro prese in giro per l’uso che ne facciamo sono un buono spunto di confronto per parlare di like, visualizzazioni e dell’illusione di poter “fare i soldi con la rete” come gli influencer. È necessaria un’educazione sui contenuti e sulla privacy.

Esperienza 2: Educare al Pensiero Critico e alle Fake News Un altro partecipante condivide : “Io sono piuttosto antisocial, e il telefono lo uso più come strumento di controllo, ma mia figlia è più brava. Cerco di farla riflettere, di dirle di prendere le cose che vede con le pinze, e di farle capire che non tutto è vero. Le ho insegnato a usare Google per il riconoscimento delle fake news: ‘Vai a cercare e vedi se è vero ciò che ti dicono gli influencer che segui’.”

Dottoressa Malaspina: “Questo è un ottimo strumento di condivisione: farlo insieme, senza il giudizio di dire che è falso, ma dicendo: ‘Vediamo insieme se ci sono altre notizie su questa informazione’. Bisogna insegnare loro a non fermarsi all’apparenza. I ragazzi, essendo nati nell’era digitale, spesso riconoscono subito quando un contenuto è creato con l’intelligenza artificiale; hanno un senso critico su ciò che vedono.”

Esperienza 3: La Responsabilizzazione Precoce Un’altra partecipante interviene raccontando l’esperienza del lockdown : “Durante il lockdown ho dovuto dare un cellulare a mia figlia che faceva la quarta/quinta elementare. L’ho educata all’uso come si insegna a guidare il motorino: spiegandole la parte negativa, positiva e i rischi. L’ho controllata, ma non ho mai usato blocchi di orario o di siti, ho lasciato tutto libero. L’ho educata all’uso del telefono e dei gruppi WhatsApp, dicendole di rispondere solo ai numeri e ai nomi registrati, a persone che conosceva, e di non condividere nulla con chi non conosceva. Oggi, che fa il secondo superiore, sono tranquilla. Anzi, ha scaricato i libri sul telefono per leggere in vacanza e ha creato un profilo social sull’ambiente che le è stato utile per l’esame di terza media. La tecnologia è fondamentale, ma è come si usa. Bisogna responsabilizzare i ragazzi all’uso. Ho un’app per la sicurezza, e lei stessa mi chiede di controllarla, dicendomi: ‘Mamma, ogni tanto controllami perché mi sento sicura’. Io l’ho responsabilizzata fin dalle elementari, dandole sempre un profilo adulto. Non dobbiamo sempre vedere il social come un male. A cena non usiamo il telefono in cucina, ma capita la sera che faccia videochiamate con le amiche per ripassare per il compito del giorno dopo. Bisogna valutare la parte positiva: è come dare una penna che scrive, ma bisogna insegnargli a scrivere.”