Progetti in Siria


Deir Mar Musa al-Abashi
avamposto del dialogo cristiano-islamico

Nell’anno 2000, in occasione del Giubileo, abbiamo risposto ad un invito fattoci pervenire dall’allora vescovo di Fermo Mons. Gennaro Franceschetti, per seguire un piccolo progetto in Siria, propostogli dal vescovo latino di Aleppo, Mons. Armando Bertolaso, che aveva avviato in un villaggio cristiano, un piccolo caseificio per la lavorazione del latte prodotto dagli allevatori locali, e aveva bisogno di un tecnico per avviare al produzione. Il progetto è stato seguito da una volontaria Aloe che in occasione di uno dei suoi viaggi in Siria era venuta a conoscenza del monastero di Mar Musa a nord di Damasco.

Deir Mar Musa al-Abashi nel deserto della Siria

Deir Mar Musa al-Abashi nel deserto della Siria

E’ stato così che abbiamo scoperto Deir Mar Musa al-Abashi, il Monastero di San Mosè l’Abissino, un centro di dialogo fra cristianesimo e islam, basato sull’incontro diretto, sulla preghiera, sulla conoscenza profonda della spiritualità islamica; il tentativo generoso di pensare e vivere in profondità una Chiesa dell’Islam, come la definisce Padre Paolo Dall’Oglio, gesuita romano, fondatore del monastero, nel suo ultimo libro “Credente in Gesù, innamorato dell’Islam”, un  vero capolavoro del dialogo.

 

E’ nato un rapporto che dura negli anni, con scambio reciproco di visite: monaci di Mar Musa invitati per testimonianze e incontri di formazione qui in Italia, e volontari Aloe in Siria per una esperienza presso la loro comunità monastica. Accanto a questo anche l’appoggio concreto a piccoli progetti ambientali e sociali portati avanti dalla comunità.

Con i monaci in preghiera nella chiesa del monastero

Con i monaci in preghiera nella chiesa del monastero

L’attuale tragica situazione della Siria, dove la breve primavera araba ha lasciato il posto ad un lungo e terrificante inverno che dura ancora. Ma il nostro rapporto con i monaci di questo straordinario centro di dialogo continua ancora, nonostante tutto.

PROGETTO inizio 2010

UN GIARDINO DELL’ARMONIA PER LA REGIONE SIRIANA

Presentazione:

Deir Mar Musa è un monastero di monaci e monache appartenenti a diversi ordini che portano un messaggio per la creazione di armonia tra Islamici e Cristiani. La prima comunità monastica di Deir Mar Musa si stabilì nel VI secolo AD. L’attuale chiesa fu costruita nel XI secolo e, durante il XIII secolo, fu decorata all’esterno con degli affreschi. Il monastero fu abbandonato nel XVIII secolo ma, dal 1984, furono intrapresi i restauri.
La nuova comunità monastica si stabilì nell’antico monastero nel 1991 e più tardi assunse il nome di Comunità “al-Khalil”. Questa comunità è guidata da un profondo desiderio di costruire società armoniose e multi-confessionali, dove le diverse identità sono approfondite e non dimenticate. Non si cerca di creare ghetti culturali, piuttosto di abbandonare una cultura di separazione per costruire, gradualmente, una cultura di comunione. Questo incarico di comunione è basato su tre priorità:
1. Condividere i valori inerenti della vita spirituale,
2. Ospitalità come attività sacra, e
3. Vivere semplicemente, cioè vivere in armonia e responsabilmente con la società circostante la comunità.
Questo modello delle tre priorità è quello che la comunità, dalla sua fondazione, ha adottato per i progetti ambientali e per l’innalzamento della consapevolezza dell’ambiente. In parte è anche grazie al suo impulso che le autorità siriane hanno stabilito l’Area Protetta di Wadi Deir Mar Musa. Oggi cinque monaci e monache, insieme a sei impiegati e volontari, realizzano seri progetti animati da uno sviluppo sostenibile nella regione del monastero.

Progetti ed esperienze:

Deir Mar Musa ha fatto un ampio lavoro di sviluppo nelle scorse due decadi riguardo a:
1. Sviluppo rurale
2. Protezione ambientale in generale (preservazione dei siti e ricerca ambientale e sulla silvicoltura)
3. Turismo eco-culturale spirituale e preservazione del patrimonio
4. Dialogo interreligioso e interculturale (seminari e pubblicazioni: al-Khalil publishing House)
5. Educazione e rafforzamento della società civile

Alcuni punti di riferimento del successo:

Organizzare un seminario ambientale e un seminario di dialogo all’anno,adesso per 12 anni (l’ultimo organizzato “Twelfth Spring Workshop” nel 2009 aveva il tema della cooperazione internazionale e della conservazione della biodiversità).
Un edificio locale come percezione ambientale nell’area per 20 anni già condiviso nella creazione dell’Associazione Amici di Nebek e nel lancio dell’Area Protetta di Wadi Deir Mar Musa dallo stato siriano.
Nel 2006, queste azioni furono ricompensate da Anna Lindh, Euro-Med Award per il Dialogo tra le Culture.
Si cominciò la creazione dell’”Oasi Spirituale Siriana”, dove c’è una stazione eco-spirituale per i viaggiatori e i pellegrini nella regione per la promozione del dialogo, comprensione reciproca e turismo sostenibile:
in particolare la realizzazione di un Centro Visitatori con l’olistica missione di costruire una consapevolezza ambientale, educando al dialogo interculturale e contribuendo allo sviluppo socio-economico locale.

Contesto

Le montagne Qalamoon

Le montagne Qalamoon sono caratterizzate da condizioni di semi-deserto ed hanno una piovosità media annuale inferiore ai 200 mm. Comunque, l’altitudine e le caratteristiche topografiche del territorio permettono alla vegetazione di approfittare dei giorni nebbiosi che in inverno sono frequenti. Quindi, la flora locale è caratterizzata da un’alta biodiversità (265 specie riconosciute) e da un alto numero di specie endemiche di cui 3 stabilite solo nella regione montuosa tra la Siria ed il Libano.
Le comunità locali tradizionalmente creavano vivai ampi e sostenibili con consapevolezza per fare il più possibile per questo ecosistema unico; questi vivai provvedevano ad essi per il cibo, il nutrimento per gli animali, erbe medicinali, carburante e riparo. Comunque, oggigiorno, a causa di un eccessivo pascolo e le pratiche di coltivazione insostenibili, la biodiversità locale e la capacità di questo ecosistema di compiere le funzioni descritte sono compromesse.
Per molte ragioni, è importante sottolineare il ruolo della meccanizzazione nelle ultime decadi (trattori che facilitano l’aratura delle terre per le coltivazioni insostenibili), accordare il trasporto dell’acqua e permettere a dei gruppi di stare per lungo tempo nello stesso posto. Un altro fattore è la mancanza di proprietà delle terre da parte dei pastori, combinata con le nuove tecnologie di comunicazione che permettono di riunire il bestiame da tutta la Siria nella regione verde identificata.

L’iniziativa dell’area protetta di Wadi Deir Mar Musa

Nel 2004, essendo considerata come un’eredità culturale e naturale rilevante a livello nazionale, la valle dell’antico Monastero di S. Mosè l’Abissino fu dichiarata area protetta dal governo siriano e conosciuta come l’area protetta di Wadi Deir Mar Musa, (WDMM).
Sita nel cuore delle montagne Qalamoon, nella regione di Nebek (80 Km a nord di Damasco), WDMM è gestita da un Consiglio d’Amministrazione. L’istituzione di questo Consiglio d’Amministrazione dalla legge è stata la pietra miliare nello sviluppo delle Aree Protette Nazionali in Siria perché è stato il primo a coinvolgere fisicamente la società civile locale nella decisione per lo sviluppo; attraverso una scommessa intendevano realizzare uno sviluppo sostenibile.

Il Consiglio si riunisce una volta al mese ed è composto da:

Rappresentanti delle autorità nazionali e locali (il Ministero dell’Ambiente, il Ministero dell’Agricoltura e della Riforma Agricola, il Ministero della Cultura – il Direttore Generale delle Antichità e dei Musei, e le Municipalità di Nebek).
Rappresentanti della società civile locale (il Monastero di Deir Mar Musa al-Habashi, l’Unione dei Pastori di Nebek, la Società Siriana per la Conservazione del Parco NGO – SSCW -, e gli “Amici di Nebek” NGO). La missione complessiva del Consiglio può essere spiegata in quattro principali assi di intervento:
– Riabilitare e proteggere il locale agro-ecosistema (ricreando un giusto bilancio tra bisogni economici e conservazione dell’ambiente)
– Promuovere usi innovativi della ricca biodiversità locale
– Adottare una consapevolezza dell’ambiente e promuovere tecnologie “verdi” verso la popolazione
– Assicurare le condizioni per sviluppare nella valle un turismo sostenibile dall’ambiente, spirituale e culturale.
E’ a causa dell’ultimo asse che il Centro Visitatori è stato progettato per essere realizzato nella metà del tempo. Il Centro Visitatori è proprietà del Ministero dell’Agricoltura e, dal lato amministrativo, è gestito dal Ministero dell’Agricoltura, rappresentanti della comunità locale (Unione dei Pastori di Nebek, “Amici di Nebek” NGO e il Sindaco di Nebek) e Deir Mar Musa. Il Centro visitatori di WDMM provvederà ad attività eco-turistiche collegate con il monastero per attivare nella regione un turismo ambientale, culturale e spirituale.
Un’Oasi Spirituale nella regione di Damasco (sham) è il nome di una competizione per studenti di architettura e architetti da tutto il mondo (www.shamspiritualoasis.org). Questa competizione era rivolta a concepire una stazione-secondaria dove gli aspetti ambientali, culturali e spirituali lavorano insieme.
50 progetti rilevanti sono stati esposti a WDMM e, a Damasco, al workshop del famoso artista siriano Mustafa Ali. E’ stata una grande esperienza di dialogo specialmente con gli studenti siriani provenienti da diverse facoltà di architettura che sono venuti a visitarci e sono stati molto aperti nel dialogo e curiosi riguardo la nostra attitudine. L’esposizione a Deir Mar Musa nel novembre 2008 è stata anche un’occasione per inaugurare la prima sala del Park House, per piantare alberi, per pulire dall’immondizia (specialmente borse di plastica!) la strada da Nebek a Deir Mar Musa in un giorno di attività per giovani appassionati, e per organizzare tre giorni di percezione dell’ambiente costruendo per la popolazione locale nel Centro Culturale Arabo di Nebek.

Il problema sull’indirizzo da seguire e l’approccio al progetto

Oggi, gli specifici ecosistemi delle montagne Qalamoon sono minacciati dalla distruzione definitiva a causa del fenomeno della desertificazione descritto prima. Per riabilitare la steppa bisogna affrontare due priorità: invertire il processo di perdita della biodiversità locale, combattere contro il surriscaldamento climatico globale in quanto le aree della steppa giocano un ruolo importante come “riserve” di carbone. Eventualmente e benché bisognerebbe fare ulteriori ricerche scientifiche, iniziano ad essere scoperte prove circa il ruolo della copertura della vegetazione nei regimi delle precipitazioni nelle terre continentali.
Un’importante ragione delle pratiche distruttive è la mancata considerazione della popolazione locale per il loro ambiente. Comunque c’è bisogno di aumentare la loro consapevolezza del valore della locale biodiversità.
Il primo passo verso ciò è il supporto di Deir Mar Musa al-Habashi per il successo della tesi sulla flora delle Qalamoon. Intitolata “Valutazione della biodiversità di una serie di piante per lo sviluppo sostenibile delle regioni di al-Nabek”, la tesi include un erbario che raccoglie 265 specie di piante. Ulteriori risultati saranno disponibili dopo la discussione della tesi dall’ ing.Rima el-Tarsha nel gennaio 2010.
Il progetto proposto è comunque pensato per sforzarsi di sostenere e divulgare i risultati della tesi che riguardano la biodiversità. E’ anche pensato come una tematica molto rilevante per materializzare un dialogo inter-religioso e la costruzione di un’armonia tra le tradizioni religiose e le diverse radici.

Descrizione del progetto

Obiettivi

Obiettivi complessivi:
Conservare e promuovere la biodiversità;
Combattere contro la desertificazione.

Obiettivo specifico:
Educare al differente valore della flora locale e aumentare la percezione della fragilità e bellezza degli ecosistemi locali.

Target e beneficiari finali:
Il target include:
– Studenti siriani: per contribuire alla crescita dei giovani laureati nel campo di scambi artistici, culturali e professionali per permettere la circolazione delle arti e della cultura; per far partire un multilaterale e multiculturale spazio di incontri tra i giovani; per sviluppare pratiche artistiche, interculturali e collettive durante gli scambi, i tirocini, i workshop e le mostre.
– Autorità locali.
– La comunità locale di pastori.
– Visitatori dell’area protetta di WDMM, studenti, educatori e coloro che prendono decisioni in ambito ambientale.

Risultati previsti:

– Almeno 25 specie locali coltivate nel vivaio di Deir Mar Musa.
– Foto e informazioni botaniche disponibili sulle specie studiate nel progetto.
– Metà dei visitatori di WDMM si rendono conto della ricchezza della biodiveristà locale (15.000 persone).

Descrizione

Produzioni:
1. Specie delle piante locali disponibili per la riabilitazione o la valorizzazione commerciale.
2. Aumento della percezione dei giovani dell’ambiente e della biodiversità.
3. Divulgazione dei risultati della biodiversità, anche in collegamento con la biodiversità “umana”.

Attività affini:
1.1 Selezione tramite erbario e foto delle più belle o “utili” specie della flora (almeno 25 specie)
1.2 Catalogazione dei semi.
1.3 Germinazione e coltivazione nel vivaio (50 individui per ogni pianta).

2.1 Scrivere di una breve competizione includendo foto delle specie e le maggiori informazioni botaniche.
2.2 Estendere la breve competizione tra studenti siriani delle facoltà di arte e agricoltura.
2.3 Conferenza(e) per presentare la competizione.
2.4 Giuria che garantisce e seleziona la concezione del paesaggio proposto.

3.1 Definizione dell’esposizione delle concezioni degli studenti.
3.2 Elaborazione delle produzioni esposte.
3.3 Realizzarsi dell’esposizione.

Durata e metodologia

Il primo anno del progetto mirerà a identificare e catalogare i semi delle specie sulle quali si concentreranno gli sforzi del progetto. Le specie scelte saranno quelle in via d’estinzione, le piante medicinali e quelle che hanno un particolare valore ornamentale. Uno dei compiti da fare sarà quello di far moltiplicare queste specie nel vivaio del monastero. Potranno essere testate diverse tecniche e un calendario della moltiplicazione per identificare il miglior protocollo da seguire per le specie.

Il secondo anno del progetto sarà dedicato all’attuazione della competizione di giardinaggio per concepire un “giardino spirituale” che sarà significativo per le anime locali. Questa attività approfitterà per lo più dell’esperienza del Deir Mar Musa che ha organizzato una simile attività nel 2007. Nel caso del giardino spirituale, la competizione sarà indirizzata agli studenti siriani delle facoltà di arte e agricoltura. La richiesta includerà la condizione di usare esclusivamente piante cresciute a Deir Mar Musa. Le foto e le informazioni botaniche saranno divulgate in questa occasione. Un saggio e l’uso di elementi minerali saranno altamente considerati.
Una serie di attività (una conferenza, giorni tematici al monastero, pubblicazione delle comunicazioni di sostentamento, aggiornamento del sito web dell’oasi spirituale)saranno organizzate per introdurre la competine e discutere sul significato del giardino come sostegno spirituale alla costruzione dell’armonia tra le persone. L’intento è di stimolare l’intervento del più gran numero di persone che arrivano da ambienti diversi per facilitare e promuovere spazi d’incontro per scambi artistici, intellettuali ed umani, nei quali le arti plastiche sono strumenti per la trasmissione della conoscenza e la promozione della stima reciproca negli incontri tra diverse culture.
Un evento finale mostrerà il concetto ricevuto. La mostra si terrà nella casa del parco dell’area protetta di Wadi Deir Mar Musa per alcune settimane. Saranno scelti altri luoghi per la mostra in base alle possibilità finanziarie.
E’ importante sottolineare che sono stati stabiliti contatti con l’ambasciata giapponese a Damasco. Questo speriamo permetterà l’arrivo di un giardiniere di paesaggi giapponesi per illuminare il profondo significato di questa arte in Asia. Ipoteticamente, questa persona farà anche parte della giuria che valuterà le idee degli studenti e dovrà essere in grado di dare un numero di lezioni per proporre un piano finale del giardino spirituale della regione siriana. Noi crediamo molto in questa possibilità che permetterà di approfondire il significato delle diverse tradizioni religiose in tutto il mondo con un orizzonte sempre più grande per il dialogo musulmano-cristiano.

Sostenibilità

La differenza materiale dei prodotti (foto, spiegazioni botaniche, idee di paesaggio degli studenti) della competizione avranno uno spazio di dimostrazione durevole nella casa del parco dell’area protetta del centro visitatori. Potrebbero essere usait vantaggiosamente nella visita delle scuole locali per educare i bambini sui risultati ambientali. Comunque, quest’ultima attività è spiegata nel motivo del programma ambientale complessivo di WDMM e il suo tempo di attivazione dipenderà dall’avanzamento dell’attività affine di tutto il programma.

Un’applicazione pulita dei prodotti del progetto sarà sicuramente l’attuazione di un giardino dell’armonia. Il suo mantenimento e la promozione del giardino saranno assicurati dal monastero stesso come rappresentante di una rilevante “iniziazione” della dimensione spirituale dell’area protetta. Chiedendo il collegamento tra “spirito” e “materia”, si spera diventi un simbolo del tentativo di WDMM di proporre una visione olistica dello sviluppo umano dove la diversità della tradizione religiosa, l’ecologia e spesso l’economia possono collaborare tra loro.
La consapevolezza ambientale servirà per la segnaletica all’entrata del giardino, riassumendo l’origine dell’attività, il significato spirituale che si potrà trovare e, ultimo ma non meno importante, introdurrà alla botanica delle piante usate. Questo sarà disponibile in arabo e inglese.

ARTICOLI

NEL DESERTO, IL GIARDINO DELL’ARMONIA

Improvvisamente e senza alcun apparente preavviso, come un fiume carsico che repentinamente appare e tutto travolge, a partire dal gesto estremo di un giovane tunisino che il 17 dicembre 2010 si era dato fuoco sulla piazza centrale di Tunisi, il Mondo Arabo del Magreb e del Mashrek ha cominciato a sollevarsi con manifestazioni popolari senza precedenti, che hanno travolto regimi solidi e dittatori inamovibili, dando l’avvio a quella che è stata subito, ma forse troppo presto, definita come la ‘Primavera Araba’. Dal 15 marzo 2011, questo movimento ha raggiunto la Siria, dopo aver sconvolto la Tunisia, l’Egitto, la Libia, lo Yemen, il Barheim, e altri paesi. Ma in Siria, come già altrove, la primavera si è subito tramutata in dura agonia invernale. In questo paese, secondo il commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, al 13 dicembre 2011, erano già oltre 5.000 le persone che erano state uccise in nove mesi di rivolta. Non passa giorno che le agenzie giornalistiche non proclamino il loro bollettino di guerra e la conta dei morti.  La sofferenza indicibile di questa popolazione fiera e determinata a conquistarsi la propria libertà, genera una tristezza infinita ad ogni persona di pace, ma soprattutto a chi ha ragioni in più per amare questo straordinario paese del Medio Oriente.

Ogni cristiano che si interessi alle origini della propria fede, alle terre e alle popolazioni che hanno costituito i primi nuclei della Chiesa, non può che nutrire un amore speciale per la Siria. Se infatti la Palestina è la terra che ha dato inizio all’avventura cristiana, la Siria è la terra dove è nata la Chiesa dei Gentili, dove la fede cristiana è stata per prima accolta da popolazioni di origine non ebraiche. Se la Palestina è legata alla figura – vita, azione, morte e resurrezione – di Gesù di Nazaret, è in Siria che si è consumato il dramma esistenziale dell’altra grande personalità delle origini cristiane, Paolo di Tarso, il quale proprio a  Damasco visse l’evento straordinario della propria ‘conversione’. Da acerrimo nemico dei cristiani, giunto in questa città per perseguire ‘i discepoli della Via’ a nome delle autorità religiose di Gerusalemme, grazie ad una esperienza mistica attraverso la quale si sente direttamente e personalmente interpellato dal Risorto, a Damasco si farà battezzare e inizierà a predicare con forza la sua nuova fede cristiana, fino a diventare lui stesso bersaglio della persecuzione. Ad Antiochia di Siria, città che oggi appartiene alla Turchia, per la prima volta, i discepoli di Gesù vennero chiamati ‘cristiani’. La Siria dunque come una seconda terra sacra per il cristianesimo.

È stato per questo con grande gioia che, nell’anno del giubileo, il fatidico 2000, abbiamo accettato l’invito ad interessarci di un piccolo villaggio cristiano della Siria, nella regione di Aleppo, il villaggio di Knayee nell’interland di Latakya, l’antica Laodicea, il più importante porto marittimo della Siria di oggi. L’associazione missionaria ALOE, nata alla fine del 1998, era ancora ai suoi inizi, ma già in attivo con l’appoggio a due progetti missionari, in Camerun e in Colombia. Volendo dare anche noi un nostro piccolo contributo alla chiesa nell’anno del Giubileo, avevamo infatti deciso di aprirci ad una missione in Asia, dopo quelle dell’Africa e l’America Latina. Il nostro pensiero andava piuttosto all’Estremo Oriente, quando invece ci pervenne la proposta del ‘Piccolo caseificio’ di Knayee. Ad Aleppo, seconda città della Siria, risiedeva un vescovo di Rito Latino, Mons. Armando Bortolaso alle prese con il grave problema dello stillicidio mortale dell’emigrazione delle comunità cristiane in difficoltà; una emigrazione che rischia di significare la fine della presenza cristiana nella terra che ha visto la nascita della Chiesa dei gentili. La popolazione cristiana  dei villaggi che facevano parte della sua diocesi latina di Aleppo, abituata a vivere tradizionalmente della sola coltivazione dell’olivo, ultimamente stava tentando la carta del piccolo allevamento bovino e ovino; uno dei prodotti più comuni era quindi diventato il latte, prodotto che però doveva essere venduto a poco prezzo sul mercato, frustrando le loro speranze di avanzamento economico. Mons. Bortolaso, insieme ai suoi collaboratori, avevano pensato ad un piccolo ma importante progetto che potesse generare maggiori ricavi per la popolazione locale e offrire una ragione in più per rimanere nella terra dei padri invece che sognare l’emigrazione nel mondo occidentale. Era così nato il piccolo caseificio di Knayee con la produzione di formaggi di diverso tipo. Il laboratorio prevedeva anche un settore per la produzione di yogurt.  Ne aveva le attrezzature, ma questa produzione non era stata ancora avviata per la mancanza di qualche esperto che avesse potuto offrire il know how e l’avvio dei processi necessari.  La richiesta che ci era pervenuta era infatti quella di cercare ed inviare un esperto in questo settore. Tra i nostri associati della prima ora, c’era anche una giovane dottoressa in chimica che aveva lavorato nel settore caseario,  Luigina Partenope di Montottone, che accettò subito con entusiasmo la proposta. Tra l’estate e l’inverno del 2000, questa nostra volontaria è stata ospite nel villaggio di Knayee ed ha lavorato nel progetto con l’obiettivo di insegnare al personale siriano, le tecniche e i processi di  lavorazione caseari che erano stati richiesti. E’ stato il nostro piccolo contributo alla lotta contro la diaspora dei cristiani di Siria, nell’anno del Giubileo.

Il beneficio che ne abbiamo tratto è stato enormemente più alto: l’appoggio a questo progetto ci ha infatti offerto l’occasione per una sensibilizzazione di noi stessi e del nostro territorio sulla realtà delle minoranze cristiane in contesto islamico; realtà conosciuta ora non più per sentito dire, ma attraverso volti, nomi, situazioni e storie concrete. Nel momento stesso in cui abbiamo cercato di contribuire con una micro realizzazione, le loro problematiche ci sono entrate nel cuore, uno stile di vita cristiana umile, povero, fraterno, accogliente, lontano mille miglia dalle tentazioni di un cristianesimo alleato con il potere, come in occidente, ma anzi costretto a camminare in punta di piedi, sottomesso, nella terra dei padri. È emerso, per noi, pian piano il grande, difficile ed esaltante problema del dialogo con l’Islam.

Durante la sua permanenza in Siria, la nostra volontaria, grazie ad un amico siriano, era venuta a conoscenza  di una interessante realtà di dialogo cristiano-islamico, il centro di Deir Mar Musa al-Habashi. Vi aveva trascorso qualche giorno e ce ne aveva riportato la notizia, insieme ad un libro: “Speranza nell’Islam” di Padre Paolo Dall’Oglio, il fondatore della comunità monastica.  Capimmo subito che questo primo contatto sarebbe dovuto fiorire. Il dialogo con l’Islam è ormai iscritto anche nel presente e nel futuro della nostra società. Sono già sorti nel nostro territorio luoghi in cui si prega secondo la via coranica. La straordinaria testimonianza di chi vive immerso nell’Islam e che con esso non vuole instaurare rapporti di conflittualità ma di reciproco incoraggiamento sulla via di Dio, è quella lampada che non può essere messa sotto il moggio, ma sul candelabro; deve essere conosciuta e fatta conoscere. Dapprima i nostri contatti sono rimasti a livello epistolare, ma ben presto venuti a conoscenza di una piccola presenza di monaci e monache di Mar Musa a Cori, in provincia di Latina, impegnati con gli studi teologici negli atenei romani, abbiamo colto la prima occasione per invitare qualcuno di loro a Fermo. Ne è nata una bella amicizia con Abuna Jihad  Youssef, che ormai quasi ogni anno anima un incontro nell’ambito del nostro corso di formazione missionaria “Il senso del partire”. Finalmente nell’estate del 2010 due nostri associati, la prof.ssa Ombretta Morganti e l’ing. Walter Angelini, hanno deciso di trascorrere alcuni giorni a Mar Musa e il legame fra la nostra associazione e questo monastero si sono rinsaldati. Abbiamo volentieri accolto l’invito a sostenere anche economicamente  un piccolo ma significativo progetto: ‘Il giardino dell’armonia’, volto alla salvaguardia e alla promozione della biodiversità delle zone desertiche attorno al Monastero. Perché anche in questo deserto è presente la vita, forte e delicata nello stesso tempo, quasi profezia biologica della ricerca mistica. I mistici sanno che il deserto è vita, che nel deserto avviene l’incontro con Dio, e fu per questo che Mar Musa al-Abashi, San Mosè l’Abissino, nel VI secolo, dopo aver abbandonato la corte etiope, di cui era un rampollo, si era ritirato su queste montagne semidesertiche nel cuore della Siria, dando vita ad una avventura spirituale che si era protratta fino alla fine del XIX secolo, quando il monastero fu abbandonato, per essere poi riportato a vita dalla singolare vocazione di Padre Paolo dall’Oglio, gesuita romano, che si sente ‘mandato’ dalla Chiesa all’Islam per riprendere, approfondire e dare seguito alle straordinarie avventure umane e spirituali di fratel Charles De Foucauld e di Luis Massignon, due fra le pochissime persone che sono state in grado di immergersi in profondità , da credenti in Gesù di Nazareth, nell’Islam fino a nutrire con esso la propria fede cristiana. “Innamorato dell’Islam. Credente in Gesù” è infatti il titolo dell’ultimo libro di Paolo Dall’Oglio, il libro nel quale la testimonianza di vita e di dialogo dei monaci e delle monache di Mar Musa si fa discorso teologico, ecclesiale e spirituale; un tentativo di ‘rendere ragione della propria fede’ in quanto ‘Chiesa dell’Islam’.

Aloe appoggia altre due esperienze di missione in contesto islamico: in Bangladesh e in Etiopia. In entrambi i casi si tratta di appoggio a progetti di carattere sociale. Nel sud del Bangladesh, abitato da popolazioni tribali di origine non bengalese, un volontario si dedica alla riattivazione delle scuole rurali per permettere ai bambini di queste tribù di religione islamica, indù e buddista di apprendere la lingua nazionale e i rudimenti della cultura del proprio paese per un futuro meno emarginato del presente. Il dialogo qui è quello della pura testimonianza della carità, della dedizione agli altri, a qualunque religione appartengano, con uno stile di presenza umile e operosa, unica possibilità per un annuncio puramente silenzioso del vangelo in un territorio in cui i cristiani sono del tutto assenti. In Etiopia, a sud della capitale Addis Abeba, nel territorio abitato dalle popolazioni Oromo a maggioranza musulmana, una missione cattolica costituisce il punto di riferimento per una davvero piccola minoranza cristiana che intende porsi come sale nella pasta, fermento di vita e piccolo faro di animazione anche per le popolazioni islamizzate. In particolare Aloe sostiene progetti destinati alla implementazione della imprenditorialità e del lavoro per giovani e donne per la maggior parte di religione islamica. In entrambi i casi il nostro impegno accanto al missionario, è sul versante della carità.

L’esperienza siriana di Deir Mar Musa, è invece centrata sulla pura fede e per questo appare davvero unica. L’associazione Aloe è grata a Dio per questo incontro, avvenuto quasi per caso e divenuto poi negli anni legame forte, da cui attingere in profondità amore per la missione della chiesa, fede per la sua straordinaria ricchezza spirituale e speranza per la testimonianza di dialogo con l’Islam e con le altre tradizioni spirituali dell’umanità. Esperienze come questa di Mar Musa sono il segno di un’alba nuova che ci aspetta, nell’attesa della quale vogliamo già trovarci sul sentiero giusto. Un’alba nuova che anche i giovani musulmani del Magreb e del Mashrek stanno cercando, anche se la loro ‘primavera’ sembra farsi attendere. Ma all’inverno segue sempre la primavera.

 

PROGETTO 2000

UN PICCOLO CASEIFICIO IN SIRIA
presso il villaggio di KENAYE (ALEPPO)

Presentazione

Alla fine del 1999, ci è pervenuta la richiesta di interessarci di un piccolo villaggio cristiano della Siria, Kenaye, nella regione di Aleppo. Questo villaggio era abitato prevalentemente da una popolazione cristiana tentata dall’emigrazione a causa della sua condizione di minoranza. Le principali risorse economiche erano costituite dalla coltivazione dell’ulivo e, più recentemente, dal piccolo allevamento bovino e ovino. Uno dei prodotti più comuni era quindi il latte, che però veniva venduto a poco prezzo sul mercato. Il vescovo latino di Aleppo, Mons. Armando Bortolaso, aveva colto l’esigenza di un piccolo ma importante progetto che potesse generare maggiori ricavi per la popolazione locale e offrire una ragione in più per rimanere nella terra dei padri. Era così nato il “Piccolo Caseificio” di Knayee per la produzione di formaggi di diverso tipo. Obiettivo del progetto, per quanto riguardava il coinvolgimento di Aloe era il reperimento e l’invio di un esperto caseario. Tra l’estate e l’inverno del 2000, una volontaria Aloe, dott.ssa in chimica e con esperienze sul campo, è stata ospite nel villaggio di Kenaye ed ha lavorato nel progetto con l’obiettivo di insegnare al personale siriano, le tecniche e i processi di lavorazione caseari. Il risultato è stato l’avvio effettivo dei processi produttivi del caseificio, grazie all’apporto dell’esperto, processi poi portati avanti in autonomia dal personale locale messo a disposizione dalla Diocesi di Aleppo.

A. Corrispondenza con il Vescovo latino di Aleppo, Mons. Armando Bortolaso

Aleppo 14 Dicembre 1999

Egregio Sig. Franco Pignotti,

ho ricevuto il suo fax, nel quale mi informa della sua disponibilità ad aiutarci nel realizzare e portare a buon fine il nostro caseificio di Knayee impegnandovi a trovare un esperto casaro.

La sua lettera ci ha dato una grande gioia e ha fatto sorgere in noi una grande speranza: quella cioè di poter attivare e far partire bene un progetto che ha come scopo di arginare l’emigrazione dei cristiani da queste terre. Il nostro caseificio di Knayee non funziona ancora bene, perchè cvi manca ancora un esperto casaro; non abbiamo l’esperienza necessaria.

Rispondo alle vostre domande brevemente, dandovi qualche spiegazione che vi aiuterà a trovare la persona giusta e capace.

Situazione socio-economica di Knayee e dei villaggi vicini: è una popolazione che viveva sinora solo della coltivazione dell’olivo, senza altre risorse economiche.  Adesso sono rinate tante speranze, e i contadini hanno ripreso coraggio,  e hanno cominciato a costruire tante piccole stalle.  Abbiamo così cominciato a incrementare l’allevamento bovino. Però c’è anche l’allevamento ovino, e c’è pure una zona non molto lontana, dove si allevano anche delle bufale.

Struttura già esistente del caseificio: questo è stato e attrezzato di macchine dalla società Pietribiasi, di Marano Vicentino (vasca polivalente di 800 litri, pastorizzatore, ecc.). Vi mandiamo in annesso una pagina col depliant del macchinario,  per dare un’idea dell’impianto.

Situazione del settore caseario nel resto della Siria: si producono specialmente formaggi freschi, non stagionati. Noi invece possediamo anche strutture per la stagionatura dei prodotti (celle frigorifere).

Competenze dell’esperto: Egli dovrebbe essere una persona  veramente capace, dinamica, che sappia insegnare e formare il nostro personale. Meglio se fosse esperto consulente nell’industria del latte e dei suoi derivati, e nell’impiantistica casearia; specializzato in tecnologia e tecnica lattiero casearia. Andrebbe bene anche un pensionato, ma ancora valido e attivo. Dovrebbe essere capace di fare i prodotti più domandati attualmente dal mercato siriano: la mozzarella che si scioglie per le pizze (pasta filata), la caciotta, il caciocavallo e provolone, ecc.   Abbiamo cominciato a fare la mozzarella (pasta filata), ma la facciamo manualmente, e non è redditizio. Stiamo raccogliendo offerte per comprare una macchina usata: per ogni evenienza vi mandiamo anche la fattura proforma: chissà che non troviate qualche benefattore che ci dia una mano (anche con una piccola offerta) per acquistarla.

Traduttore: Abbiamo un bravissimo giovane che conosce  quasi perfettamente l’italiano, che lavora nel caseificio e che sarebbe un ottimo traduttore.

Alloggio: noi possiamo assicurare i seguenti servizi gratuitamente: vitto e alloggio, il bucato, ecc. Spese di trasporto, visite turistiche per conoscere questo bellissimo paese, ricchissimo di antichità e reperti archeologici cristiani.

Sesso e età: non ha importanza. Può essere qualsiasi persona capace e volenterosa.

Permanenza: l’ideale sarebbe che possa restare con noi almeno due mesi, ma ci accontentiamo anche di un periodo più breve. Riguardo all’urgenza, avremmo una certa urgenza.

 

Ecco, carissimo Sig. Franco, alcune informazioni, non certo esaurienti, ma che vi danno un’idea della situazione. Se le servono altri elementi ce lo faccia sapere per fax.

Sostenendo questo progetto,  ella contribuirà efficacemente a frenare l’emigrazione e a mantenere viva la presenza cristiana in queste antiche e care Chiese d’Oriente, che sono state la culla del Cristianesimo.

Saremmo poi felicissimi di poter stabilire con la vostra associazione missionaria ALOE un legame duraturo e uno scambio permanente, una sorta di gemellaggio, che non mancherebbe di portare buoni frutti sul piano spirituale e sociale. Già fin d’ora vi invito a venire a trovarci in terra di Siria, dove sarete nostri ospiti graditissimi.

Colgo l’occasione per porgere a lei, a Mons. Francesco Leonardi e a tutti del direttivo della vostra Associazione, i più fervidi auguri per il santo natale e per il giubileo del 2000.

Di cuore vi abbraccio, vi benedico e vi ringrazio per quanto farete per noi.

Armando Bortolaso
Vicario Apostolico Latino
In Syria

Aleppo 18 Gennaio 2000

Get.mo e carissimo Sig. Franco Pignotti ,

ho ricevuto il suo fax di ieri, lunedì 17 gennaio 2000. La persona da lei indicatami mi sembra abbia tutti i requisiti necessari per il nostro caseificio di Knaye: durata della permanenza, competenze e capacità professionali e formatrici, ecc. Quaranta giorni sono un periodo di tempo sufficiente per far qualcosa di buono. Ma, come lei dice, non si può fare tutto in una volta. Avremmo preferito naturalmente che questa persona fosse subito disponibile, ma noi comprendiamo bene la sua situazione, e ci contentiamo per questa estate.

Ecco succintamente, le informazioni supplementari che ci domandate

Tipo di fermenti: vedi annesso N. 1.

Tipo di caglio: vedi annesso N. 2.

Tipo di strumentazioni disponibili per il controllo del latte in entrata, dei vari processi di lavorazione: vi manderemo via fax detta strumentazione appena avremo compilato la lista.

Collaborazione di un tecnico per le macchine e l’elettricità: abbiamo un esperto locale, responsabile di questo settore.

Ci domandate se per caso non ci siano al tre organizzazioni che si sono impegnate nello stesso progetto.

Vi spiego come sono andate le cose. Per sensibilizzare le gente abbiamo stampato un depliant sul nostro caseificio di Knaye e l ‘abbiamo spedito a parenti, amici e anche a qualche centro missionario. Abbiamo ricevuto qua1che offerta, specialmente da parenti della provincia di  Vicenza: anche il Vescovo di questa città ci ha mandato qualche piccola offerta. Quanto ai centri missionari  diocesani, due hanno risposto positivamente: quello della diocesi di Lodi vicino a Milano (per mezzo di D. Olivo Dragoni), che ci hanno mandato per due settimane il Sig. Guerrino Pavolotti. Ma non hanno potuto assicurare una continuità al suo intervento, prezioso ma troppo breve.

Il secondo centro missionario diocesano che ha risposto positivamente è il vostro, attraverso l’associazione ALOE: il vostro intervento, anche se non immediato, ci sembra molto promettente, sia per la durata (40 giorni), sia per la qualità della persona che ci proponete per l’estate e per le sue vaste competenze professionali (per esempio è molto importante per noi avere qualcuno che possa insegnare  la lavorazione dallo yogurt).

Durante questi mesi sono passati da noi due casari: un pensionato, Renzo Sutti, molto bravo, ma esperto solo in grana padano, una produzione che noi non siamo in grado di iniziare, per tanti motivi. Il. secondo è stato il Sig. Mario Stopelli, di Treviso, bravo ma un po’ troppo anziano (77 anni). Il loro apporto, anche se limitato, è stato produrre una buona caciotta, e viviamo di rendita.

Abbiamo anche domandato l’aiuto di una Organizzazione non governativa di Roma, con la quale siamo in contatto e che speriamo possa aiutare i contadini della zona con un progetto di sviluppo agro-alimentare, se il progetto sarà .approvato dal governo italiano.

In attesa cerchiamo di arrangiarci da soli come possiamo, aspettando l’arrivo di questa giovane laureata in chimica, nella prossima estate.

Vi informo che tra il 12 il 18 febbraio io mi troverò a Sesto Calende (Varese}, da mia sorella Ravizzotti Irma ( tal. 0331-923322) , e spero di avere il tempo di venirvi a trovare, così potremo conoscerci meglio.

Auguri carissimi per l’Anno Giubilare a tutti dell’ALOE, dell’FCP, a D. Francesco Leonardi, a D. Armando Trasarti, e particolarmente  S.E.Mgr, Arcivescovo, e alla coraggiosa giovane che ha accettato di venirci a dare, una mano. Già fin d’ora la consideriamo della nostra famiglia, e 1’attendiamo con gioiosa speranza .

Armando Bortolaso
Vìcario Apostolico Latino
in Syria

Aleppo 09 marzo 2000

Caro sig. Franco

Scusi il ritardo con cui rispondo al suo Fax del 27 febbraio scorso e a quello di oggi. Al mio rientro dall’Italia ho trovato molto lavoro, che non sono ancora riuscito a smaltire.

Grazie per le notizie supplementari che ci avete mandato, specialmente per quanto riguarda la giovane volontaria, che adesso conosciamo anche per nome. Benvenuta Luigina!

Il periodo della sua permanenza (dal 25 luglio al 5 ottobre) va benissimo per noi.

Benvenuto a mgr. Francesco Leonardi che l’accompagnerà.

Siamo naturalemente d’accordo per il vitto e l’alloggio. Ma cercheremo di rendere più gradevole il soggiorno con visite al prezioso patrimonio archeologico, specialmente cristiano, di cui la Siria è ricchissima.

Riguardo alle richieste:

Spero di potervi mandare fra qualche giorno il tipo di strumentazioni disponibili per il controllo del latte.

La prego di contattarci per ogni eventuale ulteriore informazione: siamo ben lieti di potervi dare tutti i dati che ritenete utile avere.

Porga i miei più cari saluti a sua Eccellenza il Vescovo di Fermo, che ho avuto la gioia di incontrare a Roma e a cui scriverò prossimamente.

Di cuore la saluto e la ringrazio per la sua sollecitudine e il suo interessamento.

Armando Bortolaso
Vicario Apostolico di Aleppo

B. INCONTRO APERTO ALLA CITTADINANZA
IN PREPARAZIONE ALLA PARTENZA DI UNA VOLONTARIA PER LA SIRIA

“La Siria e i suoi antichi villaggi cristiani”

Domenica 18 giugno 2000

In questi giorni la Siria è balzata agli onori della cronaca in relazione alla morte del presidente Assad, anche se invero la Siria è spesso presente nei mezzi di comunicazione per l’irrisolto problema della pace nel medio oriente e per le sempre difficili relazioni con Israele. Ma essa resta comunque lontana dalla vita normale della gente del nostro territorio fermano. Da circa sei mesi invece l’associazione missionaria ALOE ha iniziato a coltivare un rapporto con una piccola porzione di società siriana, la comunità cristiana di Aleppo attraverso la figura del suo vescovo mons. Bortolaso. Questa estate la Dott.ssa in chimica Luigina Partenope infatti si recherà ad Aleppo nel quadro di una collaborazione tra l’associazione Aloe e un progetto di cooperazione della diocesi di Aleppo, relativo all’impianto e allo sviluppo di un caseificio che dovrebbe aiutare gli agricoltori e gli allevatori di un villaggio a trasformare il latte prodotto nelle loro aziende familiari in prodotti caseari per il mercato locale. Questo primo periodo di volontariato della dott.ssa Partenope in Siria costituirà l’avvio di una relazione più stabile nel futuro tra Fermo ed Aleppo in relazione al suddetto progetto di cooperazione e ad altre possibili collaborazioni anche di carattere culturale.

L’Associazione Aloe, nel quadro delle proprie iniziative volte a sensibilizzare la comunità fermana alla coscienza della mondialità, organizza per il pomeriggio di domenica prossima, 18 giugno ore 15.30, presso il Centro Missionario di Santa Maria a Mare a Marina Palmense, un incontro sul tema “La Siria e i suoi antichi villaggi cristiani”. L’incontro sarà animato, anche con proiezioni di diapositive, dalla dott.ssa Ramona Ciucani, una giovane arabista di Montegranaro, rientrata recentemente da un periodo di studi trascorso in Siria. Detto incontro segue quello dello scorso mese dedicato al rapporto fra Cristianesimo e Islamismo nel mondo arabo, incontro condotto dal prof. Zannini, docente di diritto islamico all’università di Macerata.

La cittadinanza eventualmente interessata a diverso titolo al tema dell’incontro di domenica prossima, è caldamente invitata a partecipare.

C. Il primo feedback dalla Siria: IL VESCOVO DI ALEPPO CI FA SAPERE …

Aleppo 28 agosto 2000

La venuta di Luigina ha fatto fare un passo importante in avanti al nostro caseificio. La produzione è aumentata e, naturalmente, anche la domanda del mercato: da 800 litri di latte lavorato al giorno, stiamo passando a circa 2000. Lo yogurt alla frutta non fa ancora parte della cultura siriana: Luigina è quindi una pioniera in questo campo nel nostro paese. Ma le prime prove sono buone, e in qualche posto (per es. nella città di Damasco) comincia a piacere.

Ringrazio di cuore tutti voi dell’Aloe per quanto state facendo, e vi assicuro del mio ricordo riconoscente nella preghiera. Di cuore vi benedico.

+ Armando Bortolaso

D. Luigina Partenope è rientrata il 5 settembre dalla sua esperienza di volontariato come tecnico caseario nel villaggio siriano di Knaye (Aleppo)

RELAZIONE DI LUIGINA PARTENOPE SUL SUO LAVORO AL CASEIFICIO DI KNAYE

12 ottobre 2000

Dopo il mio rientro, mi è stato chiesto di scrivere una relazione sulla mia esperienza missionaria in Siria; per chi non mi conosce sono Luigina ed ho trascorso la scorsa estate come tecnico volontario in un caseificio in Siria. Il sintetizzare e mettere per iscritto un’esperienza unica è un’impresa alquanto difficile ma spero almeno a darvi un’idea della situazione. Ho prestato la mia opera in un piccolo caseificio costruito per creare occupazione ed arginare l’emigrazione dei cristiani, realizzato dal Vicariato Apostolico Latino di Aleppo nel villaggio di Knaye nel nord della Siria, vicino al fiume Oronte, là dove la tradizione situa la leggenda di S.Cristoforo. Il mio proposito era quello di sondare bene la situazione, dare dei consigli utili per la produzione ed insegnare i processi di lavorazione dello yogurt alla frutta, alimento che nel mercato siriano è disponibile solo di importazione. La situazione che ho trovato nel caseificio non era disperata ma molto confusa e instabile si lavoravano ma non sempre avveniva 800 litri di latte al giorno per produrre mozzarella, caciotta e montasio. Il primo passo è stato la messa a punto della lavorazione dello yogurt poi ho cercato di far aumentare la produzione ed in venti giorni da 800 litri siamo passati a lavorare 2000 litri di latte tutti i giorni; come risultato mi è sembrato soddisfacente per il momento, ma ho provato a far capire loro che se si riesce ad avere il latte dagli allevatori cristiani è possibile con molta facilità quadruplicare la quantità di latte da lavorare. Fin qui tutto sembra roseo ma ci sono ancora molte difficoltà quali: la commercializzazione del formaggio e l’approvvigionamento del latte. La commercializzazione, alla mia partenza, stava a buon punto, in quanto il prodotto è di ottima qualità e mano a mano dovrebbe essere venduto nelle più grandi città della Siria. Per il rifornimento del latte la situazione è ancora molto ingarbugliata, in quanto gli allevatori cristiani alla mia partenza erano ancora pochi. Sembra stano aggiungere al nome allevatori l’aggettivo cristiani, ma in Siria i cristiani sono una minoranza vivono quasi esclusivamente in comunità costitute da soli cristiani e il loro dramma è che vengono soffocati economicamente dall’Islam. In Siria come nel resto dei Paesi Arabi la comunità islamica ingloba tutti gli aspetti della vita, non distingue tra religione e politica, per cui l’Islam è considerato uno stile globale di vita. In una comunità di tipo islamico non ci può essere spazio per il politeismo, le comunità monoteistiche vengono rispettate, cioè i cristiani e gli ebrei non sono costretti a convertirsi, ma in pratica le comunità cristiane ed ebraiche possono sopravvivere solo subordinate all’Islam e costrette a vivere una vita disagiata. Questo ha significato e significa ancora oggi un lento passaggio verso l’Islam, ed in alcuni territori il cristianesimo è completamente scomparso. La convivenza tra cristiani e mussulmani è molto difficile per cui quando i cittadini di fede cristiana si trovano sbarrate tutte le possibilità di sviluppo e di occupazione emigrano all’estero, in cerca di un avvenire migliore, non solo molte ragazze cristiane per avere un tenore di vite migliore e restare in Siria sposano uomini di religione mussulmana e a questo punto sono costrette a convertirsi all’Islam. Il problema dell’emigrazione dei cristiani in questa terra dove il cristianesimo è nato è molto dolente, perché si abbandonano: tradizioni, luoghi e secoli di storia cristiana.

I cristiani nel nord della Siria sono stati fortunati in quanto il loro grido di aiuto è stato accolto dal Vicariato Apostolico Latino di Aleppo ed è stato costruito questo caseificio il quale può potenziare di molto ancora la produzione, aumentando cosi gli operai che vi lavorano e gli allevatori che vi portano il latte. Ma ci sono molti villaggi cristiani anche nell’est della Siria nei dintorni della città di Asake dove la situazione è catastrofica. In questa zona non ci sono interventi per migliorare la condizione socio economica degli abitanti di religione cristiana che vi risiedono, e molti sono emigrati principalmente verso il Canada, Stati Uniti, Autralia, Svezia ed altri Paesi Europei. Chi è rimasto è incoraggiato, anche se con molto rammarico a partire perché ha un familiare o un amico che è già emigrato. Un’altra denuncia da fare è quella della morte di tutti i villaggi cristiani, una trentina in tutto, che si trovano lungo le rive del fiume Gabur. Un grande fiume che fino a qualche anno fa dava vita all’agricoltura e all’allevamento della gente che dimorava nei villaggi lungo le sue rive. Il fiume da circa tre anni è stato interrotto con una diga sul territorio turco, per cui ora il suo letto è completamente asciutto e potete immaginare quello che abbia portato questa situazione alla fragile economia della zona. Un altro esempio, la cittadina di Derbasye che fino ad una quindicina di anni fa aveva tre parrocchie in attivo ora due della tre chiese si trovano con i cancelli sbarrati e vi è rimasto un solo parroco. Ho avuto modo di parlare con questo parroco che a mio avvisi si trova solo e impotente a fronteggiare l’emigrazione dei suoi fedeli e mi raccontava  che proprio in questa cittadina ora ai confini con la Turchia intorno al 1920 vi si rifugiarono molti cristiani, i supestiti di un grande massacro avvenuto in una grande città ora in territorio turco Ritornando a noi con la mia permanenza nel caseificio mi è stata data una possibilità veramente unica, la quale in futuro deve essere fatta fruttificare in qualche modo, per dare una speranza a tanta gente che viene discriminata perché di fede cristiana.

E. Un articolo per Aloe:
DALLA SIRIA UN “NO” ALL’EMIGRAZIONE

MOUSSA JALLOUF è uno degli abitanti di Knaye, villaggio della Siria occidentale abitato prevalentemente da cristiani. Grazie alla conoscenza della lingua italiana dovuta alla sua storia di ex emigrato, ha fatto da interprete alla nostra volontaria. Al rientro di Luigina in Italia, le ha voluto affidare per noi alcune note sulla sua storia personale, un sofferto percorso per dire “no all’emigrazione”.   Ascoltiamo la sua testimonianza.

Knaye, Yacubieh e Gedaideh sono tre villaggi cristiani che vivono una coesistenza di fratellanza tra cristiani e musulmani. Sono situati nella parte nord-ovest della Siria, una zona tra le più verdi di questo paese, ove uliveti, frutteti e foreste naturali ed artificiali danno questa caratteristica al panorama generale. Qui si gode aria pura, vita tranquilla, serenità, lontani da droghe e da molti vizi della civiltà moderna. L’acqua potabile e per usi domestici non manca quasi mai, ma quella di irrigazione scarseggia; ciononostante il clima è favorevole a molte coltivazioni che non richiedono tanta acqua di irrigazione. Sarebbe un ottimo centro turistico se fosse ben organizzato e sfruttato. Le maggiori risorse si concentrano sulla frutticultura, soprattutto quella dell’olivo che costituisce l’elemento base nelle attività agricolo-economiche della zona.

Tutti i requisiti della vita moderna sono disponibili quali: elettricità, telefoni, fax, TV, ecc. Eppure esiste la febbre della emigrazione, sia quella all’interno del paese che all’estero.

Lo scrittore – se mi è permesso definirmi tale – ha avuto una storia con la emigrazione che voglio raccontarvi per darvi una idea su una delle molteplici ragioni per cui la nostra gente emigra.

Sono un 64enne che dall’età di 12 anni fino ai 50, ha abbandonato Knaye il proprio paese natio, prima per motivi di educazione religiosa e poi in cerca di lavoro. Ho girato parecchio sia all’interno del paese che all’estero e sono riuscito a mettere qualche soldo da parte per la mia vecchiaia e anche per lasciare  ai figli una ereditàche li leghi al paese.

Ho comprato qualche ettaro di terreno coltivato a olivo e ad altri alberi da frutta. Fino a tre anni fa tutto è andato bene: non mancava niente nè a me, nè ai miei figli. Però mi sono reso conto che i figli, ormai adulti, dovevano avere una occupazione. Molti diplomati e laureati qui non riescono a trovare un lavoro perchè il loro numero eccede le necessità del paese.

Ho pensato, assieme ai miei tre figli, di costruire una piccola stalla per l’allevamento di bovini da ingrasso. Mentre stavamo costruendo la stalla ci è stato suggerito di puntare su un nuovo sistema di allevamento e utilizzando tutti i nostri risparmi siamo riusciti ad avere una stalla in grado di tenere circa una trentina di mucche da latte. Ma a quel punto il denaro inizialmente pianificato per la costruzione e l’avvio dell’attività era esaurito: mi mancavano i liquidi per l’acquisto delle mucche. La stalla è rimasta inattiva per più di un anno, quando un signore si presenta a me e mi propone di costituire con lui una società impegnandosi a fornire subito sei mucche con una scorta di foraggio e per il futuro portare a dieci il numero dei bovini.

L’inizio dell’attività della stalla ebbe luogo il 1° ottobre 1997.  Le 6 mucche l’anno successivo hanno partorito 6 vitellini; il latte prodotto copriva appena le spese con un guadagno inadeguato. Il secondo anno le 6 vacche hanno partorito altri 6 vitellini. A questo punto devo nutrire 12 vitelli ma ho solo le 6 mucche che mi producono latte, e non sempre nella medesima quantità. Nel terzo anno per ragioni economiche dovute all’inflazione, all’instabilità dei prezzi e ad altri fattori, (il socio che non è stato mai capace di aumentare il numero dei capi) le poche mucche produttive non riuscivano a copriva le spese e le cifre vanno in rosso per tanti mesi: è il fallimento.

L’ho considerato un fallimento parziale perchè con i figli abbiamo guadagnato tanta esperienza: ci siamo resi conto che per guadagnare occorre iniziare con più capi di quanto ne avevamo all’inizio. Tra i fattori del fallimento ci sono stati i prezzi troppo alti dei mangimi e dei foraggi sproporzionati rispetto ai prezzi bassi del latte e della carne bovina viva; il caseificio al quale si forniva il latte che chiudeva e riprendeva per i tempi indeterminati, cosa che i commercianti di latte sfruttavano per obbligarci a consegnare il nostro latte a prezzi bassissimi, al punto che più volte il latte è stato scaricato nelle fogne; i costi delle cure veterinarie che avremmo potuto fare a meno di pagare; le ondate di gelo in inverno e di caldo d’estate con l’impatto negativo sui raccolti che potevano compensare le spese della stalla, ecc..

Prima del fallimento ero convinto di aver fatto bene a stabilirmi nel mio paese con i miei figli, dimostrando agli altri che con uno sforzo minimo e pochi soldi si può vivere meglio qui a Knaye che altrove; ora questa convinzione mi ha abbandonato. Anzi questa esperienza mi ricorda la massima araba che dice: “di amori esiste anche quello che uccide”.  Romeo e Giulietta sono morti per amore, ma il loro amore vive ancora nella memoria di moltissimi.

Ma noi non abbiamo nessuna voglia – nè io nè i miei figli – di essere uccisi per amore, ma vogliamo vivere l’amore. Vogliamo stabilirci a Kenaye. Gli scorsi tre anni non sono una regola ma una eccezione alla regola. Dei rimedi ci saranno sempre per far fronte a quello che ci manca o che ci mancherà in avvenire.

Il Vicariato Apostolico di Aleppo per opera della Divina Provvidenza ha allestito un caseificio a Knaye ove tutt’ora una decina di persone di tutti e tre i villaggi stanno lavorando. Questo numero può raddoppiare. Il caseificio non solo assicura direttamente posti di lavoro, ma dà anche luogo a molte altre attività relative agli allevamenti che senz’altro si moltiplicheranno nella zona, quando questo aprirà a pieno ritmo.

Molte persone volenterose e volontarie hanno visitato la zona sempre in cerca di trovare un modo per poter dare un’assistenza e degli aiuti alla popolazione di questa zona, ma finora non si è concluso nulla. Noi qui non chiediamo elemosina ma ci accontenteremmo di ricevere prestiti a lungo termine restituibili con interesse, aiuti in natura di attrezzature anche di seconda mano, pagate a lungo termine; addestramento personale, consulenza su vari argomenti tipo veterinaria, ecc.

A noi serve un aiuto, una collaborazione, un’assistenza e qualsiasi altra cosa che possa tenerci attaccati alla nostra terra così ricca di ricordi storici, religiosi e umani.

Moussa Jallouf
Kenaye – Gisrel Shughur
SYRIA

F. La situazione dei cristiani in Siria e il punto sul caseificio a Knaye
progetto di sviluppo appoggiato da Aloe
Incontro a santa Maria a Mare domenica 4 marzo 2001

MARINA PALMENSE – Continuano presso la sede di Santa Maria a Mare la serie di incontri, promossi dall’associazione “ALOE”, con Testimonial  provenienti dai paesi in via di sviluppo. Domenica 4 marzo un folto gruppo di convegnisti si sono incontrati con il siriano Elias Karaziwan, residente ad Aleppo, seconda città della Siria dopo la capitale Damasco. Presenti in Italia per un breve soggiorno, Elias, di professione ingegnere edile, ha condotto la sua conferenza in arabo, aiutato da una interprete.  L’ing. Karaziwan è stato conosciuto da Aloe in quanto responsabile di un progetto di sviluppo nel villaggio di Knaye, uno dei villaggi cristiani del Nord della Siria, dove la dott.ssa in chimica Luigina Partenope di Montottone ha svolto un periodo di volontariato internazionale, inviata appunto dall’associazione Aloe. La dott.ssa Partenope ha collaborato con Elias nel risollevato le sorti del locale caseificio,  voluto dalla diocesi cattolica di Aleppo per tentare di arginare l’emigrazione dei cristiani in modo diretto creando posti di lavori nel caseificio stesso e in modo indiretto favorendo  l’indotto dei piccoli allevatori locali.

Oltre a fare il punto sulla situazione del caseificio di Knaye, Elias, cristiano appartenente al rito armeno-cattolico, si è soffermato soprattutto sul problema dell’emigrazione dei cristiani. I cristiani hanno cominciato ad abbandonare la Siria nel 1915, poi un’altra ondata si è avuto nel 1946, poi nel 1958. Quest’ultima è stata la più perniciosa perché se ne sono andati i dirigenti, gli artigiani, i commercianti e i lavoratori. Nel 1981 in Siria cresce il movimento dei Fratelli musulmani che dà il colpo di grazia ai cristiani che ancora vi risiedevano. Questa emigrazione non tende a fermarsi. Oggi i cristiani sono solo 700 mila su una popolazione complessiva di 18 milioni di abitanti. Nel 1958  i cristiani costituivano ancora circa il 32% della intera popolazione. Oggi, essi  rappresentano non più del 4%. E continuano ad emigrare. Ad una domanda sulle motivazioni della emigrazione, Elias ha risposto: “Secondo me, la emigrazione dei cristiani è premeditata. Per le organizzazioni musulmane, sarebbe meglio non ci fossero i 700 mila cristiani. Un’altra causa della diminuzione di cristiani rispetto a i musulmani è la differenza di figli per ogni famiglia. Per ogni famiglia cristiana nascono 2/3 figli, per ogni famiglia musulmana 7/8.”

Nota positiva in questa situazione è costituita da una certa apertura dell’attuale governo verso la presenza cristiana nel paese avendo incluso nella compagine governativa due ministri di origine cristiana.  Il governo siriano infatti è formato dal partito Alawita, gruppo musulmano minoritario tra i più aperti e laici dell’intero mondo islamico. Ed è forse grazie a questo fatto che il prossimo 6 maggio è in programma una visita di Giovanni Paolo II in Siria, ad Aleppo e a Damasco, dove – fatto unico nella storia del papato cattolico, – papa Woytila entrerà nella grande moschea degli Ommayadi, fino al 705 d.C. grande basilica cristiana dedicata a San Giovanni Battista, dove ancora oggi i musulmani venerano la memoria di questo santo riconosciuto come profeta sia nel Nuovo Testamento che nello stesso Corano.

Il Resto del Carlino  11 marzo 2001
«Aloe», un momento di riflessione sulle difficoltà dei cristiani in Siria

FERMO — Continuano presso la sede di Santa Maria a Mare, a Marina Palmense, gli incontri dell’associazione Aloe, con testimonianze dai Paesi in via di sviluppo. Domenica 4 marzo gli associati hanno incontrato l’ingegnere siriano Elias Karaziwan, residente ad Aleppo, seconda città della Siria dopo la capitale Damasco. Karaziwan è impegnato in un progetto di sviluppo nel villaggio cristiano di Knaye, nel nord del Paese, coadiuvato dalla chimica Luigina Partenope, originaria di Montottone: qui i due, con l’aiuto di alcuni volontari, hanno recuperato un caseificio già voluto dalla diocesi cattolica di Aleppo per tentare di arginare l’emigrazione dei cristiani in modo diretto, creando posti di lavoro nella struttura in questione, ma anche per via indiretta, favorendo l’indotto dei piccoli allevatori locali.

L’ingegnere siriano si è molto soffermato sul problema dell’emigrazione dei siriani di fede cristiana, oggi solo settecentomila, appena il 4%, su una popolazione di diciotto milioni di abitanti. Ancora nel 1958, i siriani cattolici erano oltre il 30% del totale. «Una emigrazione premeditata», secondo Karaziwan, convinto che «per le organizzazioni musulmane questi settecentomila cristiani sarebbe meglio se non ci fossero». Inoltre, mentre gli islamici fanno 7-8 figli a famiglia, i cristiani si limitano a 2-3 figli. Tra meno di un mese, il 6 aprile, Aleppo e Damasco verranno visitate da Giovanni Paolo II, e Woytjla – fatto inedito nella storia del papato – entrerà nella grande moschea degli Ommayadi, fino al 705 d.C. grande basilica cristiana dedicata a San Giovanni Battista. [m.d.p.]

 

VIDEO

Sulle vie del dialogo nel deserto della Siria
Conferenza di Abuna Jihad Youssef al corso Il senso del partire 2012

 

Il coraggio del dialogo nell’inferno della Siria
Incontro con padre Paolo Dall’Oglio – 23 aprile 2012