La raccolta delle alghe rosse


Una meritata vacanza a Zanzibar

Ilenia continua a raccontarci la sua Tanzania. Questa volta ci trasporta nella mitica Zanzibar.

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A dicembre, in occasione delle feste di Natale, ho colto l’occasione per viaggiare e con la voglia di “staccare” un po’ abbiamo scelto come meta Zanzibar, isola della Tanzania che stando qua non si può non andare a visitare. Zanzibar dal 1964 fa parte della Repubblica Unita della Tanzania anche se continua ad avere un’autonomia amministrativa, un proprio governo, un proprio parlamento e una sua costituzione, ma il potere decisionale è comunque limitato dalla costituzione della Repubblica Unita della Tanzania. La sua storia ha caratterizzato la Zanzibar di oggi, dagli arabi al dominio dell’Oman che ha sviluppato il commercio degli schiavi e delle spezie, tutt’ora infatti è possibile visitare le piantagioni delle spezie, e Prison Island, una piccola isola di fronte Zanzibar dove avveniva lo smistamento degli schiavi.

Dagli anni 90 è diventata una meta turistica soprattutto per gli europei, la sua posizione geografica infatti la rende uno dei paradisi tropicali più accessibili. Come ogni altra tappa della sua storia anche il turismo sta lasciando il suo segno. I turisti hanno l’occasione di visitare i villaggi che si trovano a due passi dai resort, accompagnati da gente del posto che si offrono di fare da guida per pochi scellini. Naturalmente sfruttano il turismo per inventarsi qualsiasi lavoro. Passeggiare in questi villaggi è sicuramente bello, come ad Iringa le case sono fatte di terra rossa, qua sono costruite con sabbia e tutto quello che trovano in spiaggia, conchiglie e pezzi della barriera corallina che il mare porta a riva. Inoltre si ha l’occasione di assaggiare frutta del posto e il succo di canna appena estratto che è veramente buono. L’importante è non girare con il telefono o la macchinetta fotografica in mano, altrimenti le mamme che incontri subito ti dicono “no picha” (no foto), mentre i bambini “picha for money”, chiedono proprio un dollaro per una foto. Forse stanchi da turisti su turisti che vanno lì e li scambiano per un presepe vivente da fotografare, mentre loro stanno soltanto seduti a cucinare o giocare davanti le loro case. Purtroppo sicuramente qualche turista veramente pagherà per una foto o magari solo perchè sono bambini e ti fanno tenerezza. Qualche volta se chiedi accettano anche di farti fare una foto, ma non a loro direttamente, alla casa o la loro bancarella, in fondo, quale mamma direbbe si ad uno sconosciuto che le chiede di farsi la foto con il loro figlio?

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Nel villaggio, inoltre, si possono vedere le alghe messe ad essiccare. La mattina in gran parte dell’isola c’è la bassa marea, il mare non c’è, si ritira così tanto che se vuoi farti un bagno devi camminare e non poco. La bassa marea permette alle donne dei villaggi di raccogliere le alghe rosse che poi faranno essiccare e le vendono. Vengono esportate in altri paesi, ma ancora non sono riuscita a sapere con certezza da chi vengono acquistate. Per le donne sicuramente è un’ occasione per avere un piccolo lavoro. Per noi è uno spettacolo vedere queste donne da lontano e ascoltare i loro canti, poi tornare a riva con questi grandi cesti in testa pieni di alghe.

Un’altra cosa che mi ha colpito molto, è che veramente in tanti parlano l’italiano, ci sono e ci sono stati in passato così tanti turisti italiani che ora ritrovarsi in taxi con un tassista che parla perfettamente l’italiano non è per niente raro. Dopo un po’ che si sta qua non nego neanche che fa piacere poter parlare in italiano.

12620654_10207112118433885_81207983_oLa realtà di Zanzibar è una realtà molto diversa da quella che si vede sulla terraferma, sono molto ma molto influenzati dal turismo, capita anche di stare in spiaggia e trovarti un bambino da solo che come ti vede si mette a piangere, ma non per paura che sei bianco, come magari mi capita con i bambini ad Iringa, semplicemente perchè vuole dei soldi o “zawadi” un regalo. Sono la prima a farmi intenerire da quegli occhioni davanti a queste scene o camminando per i villaggi, ma dobbiamo anche capire che così in realtà non li aiutiamo, semplicemente li rendiamo ancora più dipendenti da noi.

Ilenia