LA RICCHEZZA NASCOSTA. Dal territorio di Fermo ai territori del Mondo …. e ritorno!


Giovedì 16 Gennaio 2025 – Il Centro Culturale San Rocco ha presentato l’opera in due volumi “La ricchezza nascosta. Dal territorio di Fermo ai territori del Mondo … e ritorno”, la raccolta delle Lettere di collegamento dell’Associazione ALOE dal 1999 al 2023. Erano presenti come relatori il giornalista MAURIZIO BLASI e il Socio Fondatore di Aloe FRANCO PIGNOTTI. L’incontro è stato moderato dalla Prof.ssa GUGLIELMINA ROGANTE

La registrazione dell’intero incontro

La trascrizione completa delle relazioni

Prof.ssa GUGLIELMINA ROGANTE. Buonasera a tutti i presenti e benvenuti a questo incontro che vede unite due associazioni: l’associazione San Rocco e l’associazione  Aloe, la quale celebra i suoi 25 anni dalla fondazione e in questa occasione è stato pubblicato questo ponderoso ma molto interessante volume che si intitola “La ricchezza nascosta” e che stasera noi presentiamo.  Un saluto anche a chi ci segue online. Abbiamo l’onore di avere con noi stasera anche l’assessore alla cultura che spesso è presente nei nostri incontri, che salutiamo e che ha il piacere di fare un saluto. Grazie assessore!

Assessore MICOL LANZIDEI.
IL SALUTO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE

Buonasera a tutti. Io porto ovviamente i saluti di tutta l’amministrazione comunale e del sindaco Paolo Calcinaro. Ringrazio per l’invito, ma grazie soprattutto per quella che è un’intensa attività del centro culturale che va avanti tutto l’anno e che stasera si arricchisce con la presenza dell’Associazione ALOE. Io in realtà avevo avuto la possibilità di conoscere ALOE nel 2009. Ad un certo punto, infatti, ho avuto una spinta, un desiderio di conoscere un po’ il mondo e di farlo, non diciamo nella classica maniera, col classico viaggio, ma in una maniera un po’ più profonda, più intensa. Ho chiesto un po’ in giro e ho fatto un po’ di indagini e sono sbarcata in uno dei corsi di Aloe, appunto. E poi vabbè il destino mi ha portato da un’altra parte.

Alla fine sono partita con un’altra associazione; questo viaggio l’ho fatto! E mi piace molto, devo dire, questo titolo “La ricchezza nascosta”, perché in quei due mesi che sono stata in America Latina, in Equador per la precisione, sono state veramente tante le esperienze che ho avuto la possibilità di fare. Tante le persone, i luoghi che ho conosciuto, le situazioni che ho vissuto, le più disparate veramente, le più diverse. Perché poi era un viaggio un po’ itinerante e quindi ho avuto anche la possibilità di conoscere diverse culture all’interno dello stesso paese. All’interno di ogni microcosmo, poi ce ne sono tantissimi altri e anche questo è molto bello. Al di là di questo, devo dire che quello che mi sono riportata, oltre alle a tutte queste conoscenze e a tutte queste esperienze, è davvero un grande patrimonio, un grande tesoro, una grande ricchezza. Ed è una ricchezza davvero che non si vede, non si tocca, ma che ti porti dentro! Ricordo perfettamente che, perlomeno per altri due mesi dal mio rientro, avevo gli occhi che, me li vedevo da sola, avevano un altro colore, brillavano. È un qualcosa che, se non lo fai e non lo vivi, è difficile raccontarlo! Per cui ripeto, al di là della bellezza di potersi confrontare con tutto ciò che è diverso dalla nostra abitudine, dalla nostra quotidianità; di poter portare un po’ di se stessi, e mettersi, diciamo così, a disposizione anche nei momenti e nelle situazioni di difficoltà, al di là di questo, ripeto, devo dire che quello che lascia a noi il fare un viaggio di questo tipo, è un qualcosa di indescrivibile, che può cambiarti veramente nel rapporto con gli altri, nel rapporto con la vita e nel modo di vederla.

Su questa mia piccola esperienza, raccontata in poche parole, potrei veramente anche scriverci un libro se ne avessi le capacità! Questo per dire che davvero vi faccio i miei complimenti e che vi sono vicina col cuore e con tutto quello che posso a queste realtà, perché sono davvero importanti non solo per chi vive in questi luoghi e si trova appunto in situazioni di disagio, ma anche per chi va, perché è davvero uno scambio bellissimo che lascia un grande ricordo, una grande ricchezza e anche una grande trasformazione! Per cui veramente è un’esperienza che consiglio a tutti e ringrazio di cuore chi porta avanti questo lavoro! Mi sono lasciata trasportare dai ricordi. Saluto l’amico Maurizio Blasi. Grazie anche a te di essere qui

Prof.ssa GUGLIELMINA ROGANTE
LA PRESENTAZIONE DELLA SERATA E DEI RELATORI.

Grazie assessore per queste parole, per il racconto di questa esperienza e per la  sua vicinanza alla nostra attività!  Un grazie grandissimo al giornalista Maurizio Blasi che ci fa dono, stasera, del suo tempo prezioso: ieri, quando ci siamo sentiti, mi ha detto che stava a Rimini per un convegno che sarebbe terminato stamattina; però mi ha detto di stare tranquilla perché comunque sarebbe arrivato in tempo! Quindi davvero un caloroso “Grazie”. Permettetemi una breve presentazione dell’incontro di questa sera e dei relatori, Maurizio Blasi e Franco Pignotti.

Maurizio Blasi, che da tempo è vicino ad ALOE, l’ha seguita nelle sue marce smerilliane, ha partecipato a Montegiorgio al suo 25esimo e alla memoria di Lucidio Ceci, che Blasi ha incontrato, uno dei protagonisti più significativi della storia di Aloe, un autentico eroe che alle etnie più povere del Blangadesh ha donato la sua vita, esercitando un autentico cristianesimo evangelico;  ma soprattutto Blasi si è molto speso per la causa di padre Mario Bartolini di Roccafluvione che vive nei villaggi dell’Amazzonia peruviana e che è stato uno dei protagonisti della rivolta contro la deforestazione dell’Amazzonia operata dalle multinazionali, e per questo ha subito un processo, rischiando il carcere.

Franco Pignotti è il curatore del libro che presentiamo, “La Ricchezza nascosta”  un libro che è un poco, per così dire, anomalo. Non è un romanzo, non è un saggio, non è una raccolta di poesie, ma contiene elementi di tutti questi generi. Come un romanzo contiene una storia, e in essa confluiscono  tante storie; non è un saggio, ma al suo centro ha un grande tema sociale, le periferie del mondo e la solidarietà; non è poesia ma della poesia contiene ogni forma di umanità, dalla sofferenza alla violenza, al dono. Il titolo stesso del libro, in due volumi, è un titolo poetico, “La ricchezza nascosta”, a cui segue il sottotitolo che spiega il senso di Aloe: “Dal territorio di Fermo ai territori del mondo…e ritorno”.

Aloe, che a noi fa venire in mente la benefica pianta grassa che risana ferite, per chi non lo sapesse, è l’acronimo di Asia, Africa, America Latina, Oceania, Europa, cioè i territori del mondo, dove si trovano sparsi e operano una moltitudine di missionari, di cui molti provenienti dal territorio fermano. L’associazione nasce da un’esperienza e da un’idea: Franco Pignotti, dopo aver fatto un’esperienza familiare di volontariato in Africa – peraltro raccontata in un suo bel libro di racconti che vi invito a leggere[1] – ha pensato che ognuno poteva, dal proprio paese, dalla propria casa, operare come missionario, sulla base di alcuni punti: fare coscienza del proprio stato di benessere e di sicurezza, conoscere le periferie globali, infine stabilire relazioni e dare aiuto concreto ai progetti o partire. Ha così collaborato a realizzare l’idea di “Chiesa in uscita”, cioè di un cristianesimo che supera i confini di una quieta e comoda fede domenicale.

Così partirono  le prime lettere di collegamento ai missionari fermani, molti risposero, si stabilirono relazioni, aiuti a progetti ben definiti.  Nei due volumi sfilano storie eroiche di persone che interrompono il corso della loro vita normale per dedicarla a chi manca di ciò che è basilare per una vita civile: cibo, cure mediche, scuola, lavoro. C’è il falegname che chiude temporaneamente  la propria falegnameria per aprirne una in un villaggio del Camerun insegnando ai giovani il mestiere; c’è chi in estate va a lavorare presso una missione che in Colombia cerca di riguadagnare terre dalle piantagioni di coca, rischiando le vendette dei narcotrafficanti;  c’è la coppia di giovani sposi che   a Manaus, presso il Piccolo Nazareno, offre una casa e alfabetizza i ragazzi che vivono sotto i ponti e ALOE fornisce il pulmino per trasportare i ragazzi. Su tutti poi brilla, come dicevo in apertura, l’esercizio di autentico vangelo, di Lucidio Ceci  che in terre desolate del Blangadesh alfabetizza i figli di etnie dimenticate che, altrimenti senza saper usare la lingua nazionale sarebbero oggetto del più disumano sfruttamento. Io credo che questo libro possa  dare una bella scossa alla nostra quieta vita di cristiani rinnovandoci il valore della terza virtù teologale, quella carità davvero chiamata a formare l’uomo nuovo, l’uomo misericordioso rispetto a ogni ideologia, codice religioso, istituzione. Ceci diceva di non voler convertire nessuno, tutti avevano la loro religione, ma non avevano un libro, le parole, il riso. Ma ora mi taccio e do la parola a Maurizio.

Giornalista MAURIZIO BLASI.
IL MIO INCONTRO CON ALOE

Squillò il telefono e il caporedattore – in quel caso ero io – , cioè il responsabile della informazione regionale della RAI, alzò la cornetta. Antonella disse: “C’è un signore che vuole qualcosa” , “Sarà il solito postulante – pensò il capo- che mi chiederà di mandare una troupe nel tal posto per un fatto tanto importante! In realtà, sotto sotto, per dirmi: “Metti una telecamera davanti al mio viso perché chiedo che quello che dico e il mio viso vengano trasmessi in televisione, perché chi passa in televisione conta e chi non ci passa conta meno”! Il caporedattore era preparato a questo tipo di dialogo! E invece all’altro capo del filo c’era un signore che mi fa: “Guardi ….”… che poi lo capisci dalla prima parola qual è l’approccio: se è aggressivo, se è dialogante o se è originale! Qui era originale, perché il signore all’altro capo del filo, mi disse: “guardi, io la conosco, lei è delle mie parti, c’è la marcia della pace a Smerillo – io pensavo tra me e me: figurati se non metto una telecamera alla marcia della pace ? – e invece non mi chiese la telecamera, non mi chiese nulla! Mi disse: “sarebbe bello se lei venisse!”  Poche volte ho ricevuto un regalo così bello: uno che ti cerca senza un secondo fine! Poche volte nella vita capita una fortuna del genere!

Avevo un’attenzione particolare per il mondo dei missionari! Io sono un non credente! Vi ringrazio per l’invito, sia Aloe che l’associazione culturale San Rocco! Voi invitate un non credente a parlare di cose che apparentemente riguarderebbero soprattutto i credenti, ma che invece secondo me riguardano tutti, perché parliamo di mondialismo e parliamo di fili che legano gli umani su questo pianeta. È materia e testimonianza di tutti! Un’attenzione per i missionari io ce l’avevo, perché, come si dice a Fermo, “io c’avevo Zio Vittò[2]”, che era missionario a Bujumbura, che è riportato anche in questi volumi, e che ora lì è sepolto. Ogni tanto tornava. Io a quell’epoca lavoravo e vivevo ad Ancona. Quando tornava Zio Vittò mi piaceva tanto. Mi liberavo dal lavoro per tornare giù. E chiedevo a questo signore di raccontarmi di Tutsi e Hutu, delle guerre interetniche, di che cosa fu l’Hotel Ruanda per chi ricorda quello strepitoso film che narra di come due etnie, costruite fintamente, si massacrano tra loro, con un milione di morti – il doppio dei morti in Italia nella prima guerra mondiale –  e la guerra civile in Ruanda è stata solo una parte delle guerre che stanno attraversando tutto il centro Africa da 50 anni a questa parte, da quando Belgi e Francesi se ne sono andati lasciando dietro di sé solo rancori, povertà e morte! Finte etnie, Tutsi e Hutu che si massacravano tra loro! E mio zio pazientemente, mi raccontava, mi diceva: “Io porto Cristo a tutti e non mi importa se sono Tutsi o Hutu”

Ecco perché io credo che il modo di ragionare di Aloe, con il suo mondialismo, in realtà è un modo di guidare la vostra barca controvento e contromano, perché questi non sono, purtroppo, anni di mondialismo. Anni di mondialismo lo furono alcuni decenni del secolo scorso, quelli di  Helder Camara, di  Monsignor Romero, assassinato sull’altare della cattedrale di San Salvador da un gruppo di squadracce che rimproveravano a Romero, – che non era un uomo di sinistra, non era un Teologo della Liberazione –  l’ascolto dei poveri e l’ospitalità per i dissidenti all’interno delle chiese.

La rete dei missionari che interloquisce con voi è una barca che viaggia controvento perché questi non mi sembrano anni in cui prevalga il senso del gruppo, il noi, le liaiçon fra i diversi modi pensare, l’approccio di tolleranza e di accoglienza verso chi ha pelle diversa, testa diverse, conoscenze diverse e viene percepito sostanzialmente come una minaccia. Sottintendendo in questo una paura di tutto ciò che non è riconducibile agli schemi di vita e di rapporti umani nei quali siamo abituati in modo rassicurante a crogiolarci. Mi sembrano anni in cui cresce la paura di tutto; e poi l’altra faccia della paura è la rabbia che si esprime in forme diverse, ma non è questo il tema di questa sera.

Stasera si parla di questi 4 kg e mezzo di “neonato”, anche se neonato non è più, perché ha già 25 anni, che però sintetizzano un filo conduttore, lineare e coerente, che dice: da Fermo e dal Fermano e più in generale anche da altre aree delle Marche del sud  parte un filo che lega insieme le esperienze di decine e decine di sacerdoti, di missionari, di donne; anche perché non è un privilegio dei maschi quello di riuscire a dare una parte di sé o tutto se stessi per tenere unito con un filo questo pianeta che si sta sfarinando e si sta sbriciolando! Forse la sensibilità femminile riesce ad esprimere in questa direzione perfino qualche cosa in più, cioè aggiungere alla volontà, al volontariato, al senso di dedizione, anche una cosa che manca spesso e che è la speranza! Capire che nessuna battaglia è persa, tranne le battaglie che non combatti! Le altre sono tutte vinte! Se lasci un segno, è una battaglia vinta. Matteo Ricci, non l’europarlamentare, ma il gesuita maceratese che nella seconda metà del 500, alla fine di un viaggio strepitoso, un’odissea, arriva nella Cina di quell’incrocio tra due secoli. Porta il messaggio, non particolarmente apprezzato dai papi dell’epoca, che si poteva tollerare anche una religione diversa, rispettandone la lingua, gli usi, le tradizioni, i costumi, purché ci fosse quella virtù teologale che ha evocato Guglielmina e che me la ricordo da quando facevo il catechismo a San Francesco, che è la Carità! E cioè concepire le altre persone come se fossero un altro pezzo di te. Dico che giriamo, e lo dico anche in prima persona, che giriamo contromano, perché questo non è un periodo di particolare carità. È un periodo di chiusura; ognuno nello proprio “particulare” per dirla con Macchiavelli; un periodo di nazionalismi spesso portati all’estremo; di campanilismi che oltre al nobile sentimento dell’identità comunale, regionale, nazionale, poi aggiungono anche l’assai meno nobile sentimento di considerare chiunque sia diverso da te come una minaccia da cui difenderti e non come una risorsa di cui giovarti. Perfino Confindustria riesce a dire nei suoi comunicati: “Guardate che noi dei migranti abbiamo bisogno, perché sennò non riusciremo a pagare le pensioni di chi andrà in pensione tra 5, 10 o 20 anni. Quello del sentimento di unità, è un patrimonio che viaggia anche su una logica meramente mercantile. Conviene pure, se uno riesce a trattare queste cose con lucidità e con freddezza. Lo fanno questi nostri interlocutori!

Lasciamo perdere Matteo Ricci, la cui memoria è fortissima in Cina; un po’ meno in Italia: neanche a Macerata se ne ricordano più tanto; lasciamo perdere il 500! Ma il XX secolo, quello breve per dirla con Hobsbawm, ma per quanto breve, quel secolo ha forgiato alcuni passaggi che hanno fatto la storia. Penso a tutta la decolonizzazione, al sentimento per cui i cosiddetti popoli del Terzo Mondo cominciavano a non sentirsi più del “terzo mondo” ma come cittadini di un pianeta in cui avevano pari diritti e pari doveri, defraudati e derubati per secoli, nei secoli precedenti, dalla cultura del colonialismo. Oggi loro hanno la possibilità di capire e di vedere che c’è una rete missionaria che li ascolta e li rispetta! Lucidio Ceci da Montegiorgio verso il Bangladesh; Zio Vittò da Fermo a Bujumbura, in Burundi; padre Mario Bartolini dal falde dell’Ascensione all’amazzonia peruviana!  

Bartolini merita un po’ di più di una nota a piè di pagina; e voi di Aloe me lo avete spiegato. Perché poi con Franco eravamo diventati amici, avevamo cominciato a frequentarci; e  quindi insomma io avevo vinto la mia cinica diffidenza acquisita in anni e anni da caporedattore a trattare con le più diverse facce in cui si può esprimere il genere umano, dalle più nobili fino ai più miseri calcoli di autopromozione! Mario Bartolini fa il missionario nell’Amazzonia peruviana. L’Amazzonia peruviana, come sappiamo tutti, è oggetto da circa un decennio, di un meccanismo di deforestazione sistematica che, per profittare immediatamente di quanto può offrire quel territorio in termini di cultura di estrazione dal sottosuolo e cultura di agricoltura estensiva, quanto può offrire come profitto nel breve periodo! Poi stanno tagliando la foresta che dà ossigeno a mezzo mondo; ma soprattutto stanno tagliando l’habitat naturale dove vivono i Nativi. Sono persone decisamente molto più povere di noi , che vivono in abitazioni molto più povere, che si vedono distrutto il loro habitat, quello dove avevano insegnato ai loro figli come si faceva a vivere e a sopravvivere; con il quale avevano costruito un rapporto di rispetto reciproco, come del resto dovremmo imparare a fare anche noi e come non abbiamo fatto in questo ultimo secolo.

Mario va lì e sceglie alcune strade, sullo stile di Helder Camara mi verrebbe da dire, l’arcivescovo di Recife, quello della Teologia della Liberazione, morto a Recife in Brasile nel 1999; e cioè l’idea che il missionario sta a fianco dei poveri, degli umili, di chi più ha bisogno; che lui conquista alla fede, se ci riesce, con l’esempio! Bartolini lo aveva preso sul serio! Man mano che arrivavano le ruspe per deforestare, lui organizzava gli indios, li faceva mettere lì davanti a catena, stesi; e le ruspe si fermavano e tornavano indietro e poi arriva l’esercito e loro non prendono paura! E tra quella gente comincia a crescere un sentimento che dice: “Si può fare! Possiamo difendere il nostro habitat”. Magari senza costruirci sopra l’ambientalismo che fa ragionamenti sulla salvaguardia del pianeta! Anche solo per una cosa più pratica: “Questa è casa mia e non me la buttate giù perchè dovete fare i favori alle multinazionali del biodiesel, oppure perché dovete scavare le ricchezze del sottosuolo e vi servono spazi, strade, aeroporti e quant’altro”!

Queste manifestazioni erano avvenute nel giugno del 2009 in varie località dell’Amazzonia peruviana. Mario viene ritenuto responsabile delle manifestazioni, viene fermato, messo sotto processo e costretto al domicilio obbligato per due anni, come pure altri capi indigeni che avevano guidato la lotta in altre zone limitrofe. Franco mi racconta tutto questo e a me questa cosa intrigava; ‘intrigava’ è un verbo inesatto, lo usano i caporedattori che cercano lo scoop! A me pareva particolarmente ‘interessante’ – nel senso latino, “inter-esse”, “mi sta dentro” – la figura di questo personaggio di Roccafluvione, che va dall’altra parte del pianeta, non cerca nessuna particolare notorietà e dice semplicemente: “no pasarán”, noi non vi faremo deforestare l’Amazzonia! E ci riesce. Li mette in difficoltà e li obbliga a fermarlo e a processarlo. Franco mi racconta; io ne parlo!  All’epoca, come oggi peraltro, avevo frequentazione delle associazioni dei giornalisti. Quindi uno comincia a dire: “Guarda succede questo, succede quello”; qualche comunicato, qualche servizio! Il segretario generale della federazione della stampa prende contatti con il sottosegretario agli Esteri, che parla con l’Ambasciatore Peruviano a Roma. L’obiettivo era costruire attorno alla figura di questo missionario una scorta mediatica. Far sapere cioè, in Perù come in Italia, che “si sapeva”, e che non dovevano fargli del male! Non pensavamo tanto e soltanto alla sanzione giudiziaria, perché quella la reggi pure! È che lì ci stanno le squadre della morte; non è che ci stavano, ci stanno ancora e ammazzano! Mi viene in mente il film “Gorilla nella nebbia”, il meccanismo mentale è lo stesso! Tu proteggi i gorilla. Ma a me, dei gorilla servono morti, tu me lo impedisci e io ti uccido! Qui siamo tornati dalle parti di Zio Vittò attorno a Bujumbura e alle falde del monte Kenya, ma il meccanismo era lo stesso per Mario Bartolini. Una squadra della morte che ti rapisce, non ha bisogno del Giudice delle indagini preliminari che convalida il mandato di arresto. Ti rapisce semplicemente! Attorno a Mario Bartolini è passato un meccanismo del tipo: “Sappiamo cosa sta succedendo”

Ecco, “sapere”: questo è il verbo chiave! Conoscere, essere informati di quello che in tutto il pianeta accade e ci riguarda, anche sta dall’altra parte del pianeta! Mario che organizza gli indios nell’Amazzonia peruviana, dà un messaggio di fiducia e di speranza; e dà un senso al lavoro che fate voi ed è una soddisfazione vostra e, nel mio piccolo, pure mia! Dopo due anni, l’hanno sostanzialmente alleggerito di tutti i suoi oneri giudiziari! Lì c’erano stati degli scontri. Lui non aveva torto un capello a nessuno, però aveva la colpa di avere dato ragione agli indios! Questa è una colpa grave, perché significa dire al mondo dei poveri: “Non vi arrendete, potete parlare, potete dire, fare, battervi per le vostre ragioni”. Poi ci possono scappare degli scontri di livello di violenza eccessiva, e Mario se ne è sempre tenuto lontano! Ma l’importante è che ci sia la convinzione che ci si batte per una giusta causa! Mario ha trasmesso questa convinzione!

Mario è inintervistabile! Tentai, una volta! Eravamo al Seminario mi pare, quando l’avete invitato! Un politico italiano ha, come dire, un suo protocollo di comportamento durante un’intervista. Sa che deve parlare un minuto, un minuto e mezzo; le domande dipende dal giornalista, se ha la spina dorsale gliele fa, altrimente gliele fa diversamente,  Mario no! Mario è una testimonianza, prorompente e non arrestabile, di quella che chiamavamo la Teologia della Liberazione. Moltmann nel campo teologico europeo; ho citato Helder Camara nella cultura del mondo cattolico latinoamericano … non voglio dare l’elenco dei migliori teologi perché ognuno deve fare il proprio mestiere! Quello della teologia è il mestiere vostro! Però io, quei teologi li leggo e li leggevo! Bartolini è, almeno io lo ricordo così, come quel tipo di missionario, forse non  teologo lui stesso, ma militante della Liberazione. Non sono tutti così. Altri missionari hanno un altro stile di vita!

L’altro punto che mi preme trasmettervi è che voi non siete “provinciali” negli anni in cui viene enfatizzato il nazionalismo, il concetto di “nazione” ripetuto in modo ossessivo, che sostituisce la parola “paese” per indicare una nazione. Mi torna in mente il fatto che la “Società delle Nazioni” era quella associazione di nazioni che tra prima e seconda guerra mondiale, negli anni 30, non seppe evitare la Seconda Guerra Mondiale. Ogni nazioncina chiusa nel suo piccolo particolare a difendere i suoi piccoli interessi con il dazio, con la rivendicazione di quel pezzetto di territorio, aizzando le minoranze etniche che si trovavano all’interno della nazione vicina, per poi avere aizzate le minoranze etniche che si trovavano nella propria nazione; odi tra etnie, tra nazionalità che durano anni e decenni. Ecco io penso che i nazionalismi produco le Guerre, producono milioni di morti! A me è sempre piaciuto il lavoro che Aloe ha sempre portato avanti, perché ha fatto del “Fermano” il centro del mondo! Non sto esagerando! Se prendi questi 4 kili e mezzo, e vedi i paesi chiamati in causa, ti accorgi che ci sta dentro tutto il pianeta! È come dire, alle ragazze ai ragazzi di Montegiorgio di quel giorno che stavamo lì: “Cari ragazze e ragazzi, non vi fate problema di vivere in un piccolo paese della provincia di Fermo. Perché in questi anni, se uno sceglie la strada giusta, si sente al centro del mondo stando a Belmonte Piceno, a Montegiorgio, a maggior ragione a Fermo, perché in un attimo, interloquisce, con tutti questi testimoni, delle loro scelte e del loro tempo. Loro indicano un futuro! Il vostro lavoro di sostegno a loro, marca una strada per il futuro. Dice: “Ogni punto è il centro del mondo; e ogni soggetto che opera sulla strada della fraternità e dell’ascolto, parla a tutto il mondo”. E allontana le guerre! Ora c’è la tregua o il cessate il fuoco a Gaza. Speriamo che sia vero: i fatti diranno se sarà vero! Tutti noi lo Speriamo! Quanti decenni serviranno per ricucire un minimo di possibilità di speranza di convivenza tra due popoli distinti nella stessa area? Senza che uno prevalga sull’altro. Chi ha prodotto tutto questo? Qual’è la strada per uscirne? Mi fermo solo sull’ultima di queste domande. La strada per uscirne, nel vostro piccolo, sono questi 4 kg e mezzo, di carta e di memoria.

Negli anni dell’intelligenza artificiale, oltretutto, le cose cambiano rapidamente. Il mondo in cui viviamo non è più il mondo di tre anni fa. Non è che in mezzo sia successo qualcosa. È cambiato tutto, sono cambiati paradigmi. Il mondo pre-Covid, era un mondo in cui c’erano le Istituzioni politiche, gli Stati, i Governi; il mondo dell’economia: le aziende, i grandi capitani di industria. I governi lavoravano tenendo conto dei “desiderata” del grande Capitalismo.  Oggi no. Oggi non è che i grandi capitani di industria operano coperti dallo Stato. Sono lo Stato! Il Presidente degli Stati Uniti d’America si chiama Elon Musk! Governa chi è in grado di mettere attorno alla Terra in orbita geostazionaria, 2000 e passa satelliti, 500 km da terra, con i quali si garantiscono le comunicazioni di pace e quelle di guerra. Si orientano i droni. Si indica il bersaglio al missile che deve colpire con la precisione di 1 o 2 metri. La possibilità di “sapere”, quello che ha salvato Mario Bartolini: che cioè di lui si sapeva; il caso era noto! Oggi è diventata sempre più difficile. Io sono rimasto raggelato, l’altro giorno, quando ho sentito il patron di Facebook, Zuckerberg, che ha cancellato la possibilità del fact checking all’interno del suo social che è uno dei social più diffusi del pianeta! Fino ad oggi c’era, in Europa ancora c’è perché c’è una legislazione europea che è molto più severa. Negli Stati Uniti, dove questo tipo di legislazione non c’è, il fact checking cioè il controllo dei fatti che Facebook poteva esprimere, ora non c’è più! Quindi tu vai su Facebook, scrivi che la Terra è piatta,  nessuno ti dice: “Guarda non è vero, lo possono dire 47 premi Nobel. Si sa che la terra è rotonda da quando, nel primo secolo d. C. uno misurava la lunghezza delle ombre dalle parti di Alessandria e si era accorto che, per una serie di motivi che non sto ripetere, questa doveva per forza essere rotonda, con una circonferenza di 40.000 e poco più di kilomentri. Il poter dire tutto non è maggiore libertà, è minore Libertà, perché la verità è anche un’assunzione di responsabilità; è anche la possibilità di correzione. I tuoi studenti, se ti dicevano una corbelleria, tu, con tutto il garbo dei docenti di questo mondo, li portavi su un filone di ragionamento e con un sillogismo dopo l’altro, spiegavi che la Terra è rotonda, ruota attorno al sole; il sole gira attorno al centro della galassia, eccetera. Ma se nel mondo dei social e con l’intelligenza artificiale priva di qualunque controllo, si rimuove il fact checking, significa che basta che un proprietario di qualche decina di migliaia di profili finti in Twitter in Facebook e in Instagram sostenga la tesi che la Terra è piatta, che nel giro di poco tempo, ritwittando, condividendo, rimettendo in circolazione, nasce il partito dei terrapittisti; che oggi è oggetto di dileggio, ma che dubito che sarà sempre così in futuro.

Tutto questo per dire che questi 4 kg, e il lavoro che fate, a me pare che dia l’impressione che un mondo migliore è possibile; a condizione che ci sia una rete di donne e di uomini che sanno impegnarsi, da tutte le parti del mondo, senza perdere il contatto tra di loro, mantenendosi uno abbracciato all’altro e all’altra, per dire: “Ci sono dei grandi valori che possono illuminare le vite delle persone!” Non è solo un fatto, né può essere un fatto prevalentemente di calcolo economico dal quale traggono benefici élite ristrette! Io, da laico, li vedo così i missionari, come dei testimoni non del loro tempo, questo tempo, ma di un possibile tempo futuro in cui si è più uguali, più informati. Tanto il bene essenziale di questo secolo è questo: sapere le cose! Il bene essenziale del secolo precedente era avere l’energia. Adesso è sapere che succede. Distinguere, discernere tra il vero e il falso, perché questo ti permette di dare una bussola alle vite dei missionari, alle vite di chi li sostiene. Conoscere questo paradigma di comportamento dalla storia di Aloe, dalla vita dei Missionari, è offrire una bussola per il futuro. Io credo che Aloe abbia fatto questo lavoro più che degnamente!

Vi prego, e lo dico da laico, continuate a farlo, perché abbiamo bisogno di voi!

GUGLIELMINA ROGANTE  Grazie Maurizio per questa riflessione a tutto tondo che ci ha stimolato e ci ha richiesto di pensare a  tante cose, che è anche il senso dell’incontro di questa sera, da Aloe ai problemi dell’attualità. Dò la parola a Franco che penso voglia raccontare un  poco storia di questi volumi, in forma più dettagliata, magari facedo riferimento ad alcuni personaggi. 

FRANCO PIGNOTTI
25 ANNI DI PASSIONE …. MISSIONARIA!

Grazie. Allora, io per prima cosa voglio ringraziare la professoressa Guglielmina per l’organizzazione di questo incontro, perché è la prima volta, in 26 anni, che un’altra realtà della Diocesi ci invita per presentare la nostra attività. Non è mai successo prima. L’unico precedente è che, nel 2009, l’associazione “Il Ponte” che in quegli anni conferiva un premio al “Volontario dell’anno”, diede questo premio ad Aloe come “Il volontario dell’anno”; e poi dobbiamo arrivare a questa sera. Il mio grazie alla professoressa Guglielmina è poi doppio per aver letto per intero queste 1000 pagine, che non sono di un romanzo o di una qualsiasi storia! Grazie al Centro culturale San Rocco che lei rappresenta. Il mio Grazie va anche all’Assessore Micol Lanzidei per la sua bella testimonianza a proposito del suo incontro con ALOE.

Un grazie veramente grande, poi,  all’amico Maurizio che ha ricordato il nostro primo approccio, che credo mi fu suggerito da Egidio Ricci, un altro grande personaggio, il sindaco di Smerillo di allora. Maurizio ci ha seguiti per tanti anni – poi dirò perché per noi è importante anche il discorso specifico della comunicazione – per la Marcia della Solidarietà come ci ha ricordato anche Guglielmina, ma poi soprattutto per questa storia di Padre Mario Bartolini, che è una delle storie principali presenti in questi volumi. Insomma un grandissimo “Grazie” a Maurizio, anche perché fra l’altro è la seconda volta che accetta il nostro invito, perché è stato con noi anche l’anno scorso, ne mese di febbraio, a Montegiorgio per il convegno dedicato a Lucidio Ceci, altra grande storia qui presente.

Dopo questi doverosi ringraziamenti, prima di iniziare la mia testimonianza su questi due volumi, vorrei fare una premessa relativa a come e dove trovarli. Questo libro lo potete trovare ovviamente al banchetto in fondo alla sala, ma debbo dire che oltre ai 4 kg e mezzo, come dice Maurizio e oltre alle 1000 pagine lette da Guglielmina, purtroppo sono anche €30,00 perché comunque ne abbiamo fatti pochi e ci sono costati tanto! Però essi possono essere acquistati, per una cifra irrisoria, anche online in formato PDF; sia questi due volumi, sia anche altri nostri libri. Potete trovare il link attraverso la homepage del nostro sito www.aloemission.org, alla pagina “Come e dove trovare i libri di Aloe”, oppure cercandoli su un qualsiasi motore di ricerca. Quindi volendo, anche senza spendete i 30,00 euro per il cartaceo, con soli 3,00 euro a volume, ve li potete scaricare dal web. Sono inoltre presenti in alcune biblioteche locali, come la Biblioteca Speziali di Fermo, la biblioteca comunale di Montegiorgio, la biblioteca del Seminario, l’Archivio Diocesano di Fermo. Per trovarli in queste biblioteche, li potete cercare sul motore di ricerca “BiblioMarcheSud”.

Adesso cercherò di inquadrare un po’ questa storia qui raccolta. Una storia di 25 anni attraverso le nostre “lettere di collegamento” che abbiamo pubblicato man mano che la nostra storia andava avanti e che sono proseguite anche dopo la stampa di questi volumi: fra qualche anno magari faremo il terzo volume. La pubblicazione di tutte queste lettere di collegamento non è per dire: “ma guardate quanto siamo bravi”; perché il nostro obiettivo primo è sempre stato quello della “comunicazione”!  Un po’ per tutti i discorsi che ci ha fatto anche Maurizio prima: l’importanza del far capire al nostro territorio, alle nostre comunità, questa dimensione della Carità e della Solidarietà internazionale!

Durante questo nostro percorso abbiamo pubblicato, esattamente per questo motivo, diversi altri libri. Heka news, ad esempio, una storia della Tanzania, il diario scritto e fotografico di un anno di missione di padre Remo Villa. Maifeo. Figlia della luna, una storia del Camerun, il diario di un anno di servizio civile, come volontaria laica, di una ragazza di Porto Sant’Elpidio, Alice Beltrami, che ha cominciato con Aloe, restando per tre anni in Cameron – un anno di servizio civile con un ente e due anni in una missione –  e che poi ha continuato a fare la cooperante con altre ONG e adesso sta in Tunisia. Poi ci sono i libri di Lucidio Ceci, di cui abbiamo sempre parlato e che rappresenta una delle nostre storie principali!  Possiamo dire che in tutta questa storia, noi abbiamo due fiori all’occhiello: uno è Lucidio Ceci del Bangladesh e l’altro è Padre Mario Bartolini in Amazzonia. Il Vangelo secondo Lucidio è un epistolario, la raccolta di tutte le lettere scritte da Lucidio, dal 2000 al 2014 anno della sua scomparsa, a noi di Aloe, agli amici di Montegiorgio e a tantissimi altri amici e autorità del Fermano e delle Marche. Il pozzo del coniglio è invece una piccola trilogia di alcuni dei circa 500 racconti bengalesi scritti da Lucidio Ceci per i ragazzi delle sue scuole e tradotti in italiano da un suo confratello missionario, padre Antonio Germano, che è, a titolo di curiosità, lo zio del grande attore Elio Germano.  La trilogia è stata realizzata, per quanto riguarda le illustrazione dei racconti, con la collaborazione della  scuola primaria di Montegiorgio, che si chiama fra l’altro “Scuola Primaria Lucidio Ceci”.  E poi ecco qua i due volumi, La ricchezza nascosta, di cui parliamo questa sera. Tutto questo materiale è un po’ la nostra storia.

Ma vorrei ora dare un po’ un’idea di come nasce tutto questo. Guglielmina, prima, mi ha presentato come il fondatore di Aloe e come tutto è nato dalla nostra esperienza come famiglia.  No, non sono solo io il fondatore di Aloe; da soli non si fonda proprio niente. Però l’idea sì, nasce da qualcosa! Dal nostro punto di vista – dico “nostro” perché c’è anche mia moglie qui davanti con la quale abbiamo condiviso un’esperienza di 5 anni di volontariato in Zambia con due Ong di volontariato internazionale. Noi ci siamo accostati alla solidarietà internazionale non tramite i missionari, una realtà ecclesiale che io non prendevo in considerazione, anche se vivevo a contatto con l’esperienza ecclesiale. Noi ci siamo accostati alla solidarietà internazionale tramite delle Ong laiche: il CVM nei primi tre anni in Zambia e poi, al primo rientro, volendo ripartire, abbiamo trovato un’altra ONG, il COE di Milano. Quindi il nostro approccio con l’Africa è stato attraverso organismi laici di cooperazione internazionale.

Però in questa esperienza, io personalmente ho scoperto il mondo dei missionari. In Zambia, noi abbiamo lavorato, in entrambi i progetti, con scuole professionali per insegnare un mestiere ai ragazzi e ragazze di periferia eccetera. Poi ogni tanto ci prendevano una vacanza, durante i tempi di chiusura delle scuole; ci prendevamo delle ferie. In genere andavamo a trovare qualche missionario che avevamo conosciuto nel frattempo. E abbiamo potuto constatare che dove c’era una missione cattolica, lì si scava il pozzo, lì si fa una scuola e ci siamo resi conto che dove c’era una missione, c’era in qualche maniera un piccolo polo di sviluppo! I missionari, oltre che fare evangelizzazione, erano anche agenti di sviluppo locali. Senza tante teorie, senza tante ideologie,  ma nei fatti; e questo mi aveva colpito! Quando siamo rientrati, eravamo entusiasti della nostra esperienza e ci siamo detti: “Quindi adesso continuiamo da quest’altra parte!” Per noi sarebbe stato molto semplice lavorare con le ONG con cui avevamo lavorato in Africa. Potevamo metterci con il CVM ad esempio, dove c’era Pino Cipollari, che è stato un grandissimo personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere. Oppure con il COE di Milano, che sarebbe stato più che felice di avere un ponte, o un piccolo polo qui nelle Marche; fra l’altro con il COE abbiamo mantenuto costantemente i rapporti e anche quest’estate siamo stati da loro su a Barzio (LC), a trovarli.  Però mi colpiva, come ho già detto, l’idea di questi missionari conosciuti e l’altra idea che cioè essi sono originari da qualche parte, da comunità territoriali specifiche che forse neanche li conoscono e neanche sanno quello che fanno, con qualche sporadica eccezione! Pian piano, ad esempio, abbiamo scoperto che da questo territorio di Fermo erano tantissimi i missionari.

Vi voglio far vedere una cosa interessante, una pagina presente sul web, da cui siamo praticamente partiti per tutto questo lavoro ora raccolto in questi due volumi. Se io scrivo su un motore di ricerca la frase “missionari di Fermo” tra virgolette, viene fuori un’unica pagina da un sito web, forse un primo tentativo, che si chiamava “chiesa in rete” e che poi è stato chiuso e sostituito dall’attuale sito diocesano, ma che stranamente conserva ancora qualche pagina fra cui quella che ora vi faccio vedere, forse addirittura l’unica che si apre ancora. Noi siamo partiti da questa pagina! In questa pagina ci sono tutti i missionari originari della diocesi di Fermo della fine degli anni novanta. Era una pagina realizzata dall’allora direttore del centro missionario Don Francesco Leonardi che aveva trovato tutti i missionari di qualsiasi congregazione, originari della diocesi.

http://www.chiesainrete.it/fcp/15-2001/missionari.htm

Ecco qua: Antolini Padre Angelo un cappuccino;   Antolini Don Mauro è il fratello che è un Fidei Donum diocesano; Bartolini Padre Mario; Basili padre Giuseppe; Bernetti; Blasi Vittorio, lo zio Vittò di cui ci ha parlato prima Maurizio Blasi, e così via: 53 nomi in tutto. Questa pagina che si trova ancora non si sa come su questo sito non più attivo, era appiccicata al Centro Missionario. Si tratta di tutte persone originarie del Piceno: Angelo Antolini di Santa Vittoria in Matenano; Vincenzo Febi di Fermo; Bruno Domenico Rossi di Servigliano, e così via. Quindi da una parte l’esperienza che dove c’è una missione, non si fa solo evangelizzazione, preghiera, liturgie; ma si scava il pozzo, si fa la scuola, si fa la strada, si fa agricoltura e così via; un piccolo polo di sviluppo! Dall’altra tutte queste persone del nostro territorio che stanno facendo questo in tante parte del sud del mondo! Ma chi le conosce? Padre Vittorio Blasi, che poi era suo zio, aveva una grande fortuna perché i parenti, la sorella avevano creato un’associazione per appoggiarlo, però lo conosceva solo quel piccolo cerchio! Per tutti gli altri missionari ancora meno; chi li conosceva?

Allora l’idea è stata questa: noi facciamo un’associazione per suscitare interesse presso le nostre comunità locali. Non ci importa se questo è un Cappuccino, quello è un Saveriano, quell’altro è un Passionista, questa è una Suora Gaetanina, e così via. Queste sono le loro storie particolari; ma per noi conta il fatto che sono cittadini del Fermano! Ecco io spesso sostituisco il termine “missionari” con “cittadini”: “missionari della diocesi di Fermo” con “cittadini del fermano” perché anche questa grande distinzione è un po’ fasulla se guardiamo alla realtà: si tratta di una persona che è in Africa per annunciare il Vangelo ma contemporaneamente fa altre cose e a me interessano queste altre cose! Lucidio Ceci, partito nel 1959 per andare in Bangladesh, fin dall’inizio aveva capito – abbiamo un articolo che lui scrisse nel 1961 – che qua non si deve convertire nessuno! Cioè noi non siamo qua per convertire, questi non si convertono! E allora lui è stato per 50 anni un agente di sviluppo, ha fatto scuola! Era un missionario, ma si occupava di questo. “Il Vangelo secondo Lucidio” – il titolo che abbiamo dato al suo epistolario – era un Vangelo non annunciato apertamente, ma vissuto e annunciato con i fatti!

L’associazione è nata all’inizio con questa prospettiva: noi vogliamo lavorare sul nostro territorio, il fermano, per aprire le nostre comunità al mondo, utilizzando però non teorie o belle idee, ma ponti concreti; e questi ponti concreti sono le persone di questo territorio che già operano, lavorano, stanno facendo cose importanti, ma che però non sono conosciute! Ecco pertanto l’importanza della Lettera di collegamento, dei libri, dei giornalisti!   L’idea che ci ha mosso fin dall’inizio è stata questa: collaborare con i missionari, ma per trasformare la mentalità delle nostre comunità del territorio!

Noi non abbiamo mai avuto accesso, in qualche maniera, a Fondi europei, Fondi della Cooperazione italiana, ecc.; tutti i nostri fondi sono donazioni che provengono dalla gente che si è sensibilizzata! Siamo partiti da questa idea, e quindi la Lettera di collegamento è venuta fuori come una cosa essenziale, perché dovevamo fare informazione!

Vi voglio far vedere un po’ come abbiamo tentato di realizzare questa idea. Siamo partiti da quell’elenco e abbiamo contattato tutti questi missionari lì presenti. Quell’elenco l’aveva fatto Don Francesco Leonardi. La cosa curiosa però è questa, abbiamo parlato molto di Lucidio Ceci, parliamo molto di Lucidio, ma in quell’elenco Lucidio non c’era! Non perché don Francesco non lo conoscesse! Lo conosceva bene! In quell’elenco c’era ad esempio, e lei sicuramente non lo ha mai saputo, una insegnante che in quel periodo era una volontaria del CVM in Etiopia; ma la quale si definisce, come il nostro amico Maurizio, una “laica”; però don Francesco ce l’aveva inserita perché stava con il CVM! Lucidio invece non ce l’aveva messo perché Lucidio, come voi saprete, era partito come Saveriano ma poi dopo una serie di anni, siccome lui fin dall’inizio aveva capito di essere lì per far crescere, per sviluppare un popolo e per poter fare questo veramente, avrebbe dovuto immergersi profondamente in esso, era uscito dai Saveriani, e si era sposato con una volontaria francese, per poter vivere come tutta la sua gente ed essere preso realmente in considerazione come uno di loro! Dopo diversi anni di questa nuova vita, al nascere del suo secondo figlio, con tutta la famiglia si trasferisce per un periodo in Francia. Poi quando i figli erano già abbastanza grandi, lui è tornato da solo in Bangladesh. Quando noi lo abbiamo conosciuto, lui era tornato giù da qualche anno. Don Francesco Leonardi lo conosceva bene perché erano più o meno della sua età, ma aveva evitato di inserirlo in quell’elenco perché, nella nostra mentalità, lui era pur sempre uno “spretato” e poi conosceva bene il suo carattere decisamente anticonformista.

Lucidio era stato in Italia verso il 1999 o il 2000 e si era incontrato con don Francesco; noi eravamo appena nati. Al rientro in Bangladesh aveva scritto una lettera al suo amico don Francesco, perché lui aveva trovato questa nuova zona dove voleva portare avanti un progetto di educazione scolastica per le tribù non bengalesi del sud est del Bangladesh, però aveva bisogno di qualche fondo perché non aveva più nessuno alle spalle: non era più nell’ordine dei Saveriani, non era più dentro niente, era totalmente da solo! E in quella lettera chiedeva a don Francesco un collegamento con qualcosa a livello nazionale, come l’organismo della CEI che si occupava dei missionari, per poter presentare il suo progetto e poter ottenere dei fondi. Però don Francesco evidentemente non voleva farlo, perché avrebbe dovuto spiegare che si trattava di uno “spretato”. La lettera di cui vi sto parlando è la prima lettera che potete trovare in questo volume “Il vangelo secondo Lucidio”, perchè don Francesco, che probabilmente aveva comunque stima di Lucidio, aveva deciso di passare questa lettera a noi di Aloe, associazione laica appena nata. Ci passò questa lettera senza dirci chi ne fosse l’autore.

La lettera mi piacque. Un missionario che citava Rabintranah Tagore, che parlava della cultura indiana bengalese, insomma mi affascinò. Pensai che fosse qualcuno partito come laico per lavorare con i missionari. La lettera terminava con un indirizzo email. Decisi di scrivergli: “Egregio Signor Ceci …”.  Per un mese non arriva niente. Immaginai fosse un indirizzo fasullo. Dopo un mese arriva la risposta: “Io non sono né egregio né signore, ti perdono perché non mi conosci”  e poi comincia a presentarsi. E quindi, ecco, è iniziato così il rapporto con questo missionario. Pe tutti gli anni successivi è stato un po’ il nostro fiore all’occhiello.

In questa nostra idea che ho detto prima, quella di suscitare interesse presso le nostre comunità, se facciamo un bilancio oggi, dopo 26 anni, io mi sento addosso la sensazione del fallimento, perché tutto questo non lo vediamo in giro. Però a Montegiorgio No. Fra 100 anni a Montegiorgio, in piazza, sulle colonne del colonnato, troveranno ancora, tra i grandi personaggi del paese, la lapide commemorativa di Lucidio Ceci, che però non è la solita stele commemorativa. Ci sono su due frasi che lo qualificano: “La vita è un fiore da donare senò appassisce per niente” e l’altra “Niente è più vero e più necessario di un sogno”. Sono frasi in cui Lucidio riassumeva il meglio di sé. Inoltre, la scuola primaria di Montegiorgio oggi si chiama: “Scuola Primaria Lucidio Ceci”. Questo per dire che Montegiorgio ha risposto bene a questa nostra azione. Non se lo ricordava quasi più nessuno neanche a Montegiorgio, dove c’erano la sorella e il fratello; alcuni dei più vecchi forse se lo ricordavano, ma non sapevano più niente di lui. Oggi gli alunni che si apprestano a fare le Scuole Medie di Montegiorgio, provengono dalla scuola “Lucidio Ceci”

In questo caso quindi siamo riusciti a realizzare qualcosa di ciò che ci eravamo proposti. Lo stesso per padre Mario Bartolini. Chi lo conosceva? Non lo conosceva nessuno, eccetto i suoi parenti e la gente di Valcinante di Roccafluvione. Mi ricordo che una volta, all’inizio quando abbiamo cominciato  a parlare di lui, nessuno conosceva questo passionista. Ci fu un nostro amico che aveva conosciuto un padre passionista del Nord, che era stato a Villa Nazaret, lo chiamò per chiedergli se conoscesse questo padre Mario, e neanche quello seppe dire niente. Non lo conosceva nessuno anche perché era partito giovanissimo, prima per il Borneo, dove era rimasto per dieci anni, e poi era andato nell’Amazzonia peruviana dove ormai viveva da 35 anni. Per fortuna poi abbiamo conosciuto un suo confratello di Morrovalle, che però stava a Bologna e lui seppe presentarcelo per bene. Oggi padre Mario Bartolini è molto conosciuto, per tutta la storia che poi c’è stata, grazie anche a Maurizio e a tutta questa campagna che è stata fatta. Pensate che abbiamo cominciamo con questa campagna pian piano, nel nostro piccolo. Maurizio ci ha dato una mano eccezionale. Ma i Passionisti, l’Ordine dei Passionisti, solo dopo 6 mesi di questa campagna sono intervenuti. E allora lì è stato un intervento a livello diciamo mondiale. Quindi possiamo dire che per alcune cose la nostra storia è stata utile per aprire il territorio al mondo, per molte altre no.

GUGLIELMINA . Mi ha colpito il progetto della Colombia,  il centro agricolo per togliere terra ai coltivatori di Coca e riguadagnarla ad una agricoltura di sussistenza …

FRANCO Sì, il progetto di Padre Beppe Svanera. Padre Beppe, fra l’altro, è stato  il responsabile dell’idea dell’Associazione che non è stata una idea mia, è stata sua. Quando siamo tornati dall’Africa, lui che è bresciano era tornato dalla Colombia e assegnato a Sant Maria a Mare. Con lui  avevamo iniziato una serie di incontri, per un anno e mezzo, che chiamavamo “Famiglie aperte al mondo” e non c’era ancora l’idea dell’associazione. Poi viene fuori che Peppe De Rosa, che veniva a questi incontri, vuole partire per l’Africa. E padre Beppe ci disse: “Ma perché non facciamo un’associazione?” Quindi l’idea è nata lì.

Lui come missionario si era trovato nella foresta amazzonica colombiana, a Solano, dove uccidevano tutti i sindaci che si insediavano. Quando uno diventava sindaco, lo facevano fuori. Il discorso lì era proprio l’estensione della coltivazione della Coca. E uno dei primi progetti che noi abbiamo appoggiato con lui, era quello appunto di aiutare gli agricoltori a fare qualcos’altro.

Sono tante le storie, veramente tante! Ecco, per questo voglio dire, se non avete il coraggio di comprarlo cartaceo, scaricatelo dal web per €3 a volume, €6 per tutti e due, e magari dategli un’occhiata.

Ecco qua allora alcuni dati: queste mille pagine parlano di 24 nazioni nelle quali Aloe ha realizzato micro progetti di solidarietà, “micro progetti”. Le Ong fanno progetti per centinaia di migliaia di euro e così via. Noi abbiamo sempre lavorato sul piccolo, proprio perché abbiamo voluto lavorare su tante persone.  “Microprogetti”. Per esempio, la Caritas italiana ha un bando per Microprogetti. Il termine l’ho preso da lì. Noi siamo riusciti a farci finanziare qualche microprogetto dalla Caritas e adesso, ad esempio, devo fare un ultimo resoconto per la Siria. Ti danno un massimo di  €5.000,00 e poi dopo 4 mesi, devi fare un bel resoconto. Si tratta quindi sempre di piccole realizzazioni. Ecco, noi abbiamo lavorato sempre su questa linea, attraverso l’interazione di 51 missionari.

Per quanto riguarda quei 53 dell’elenco che avete visto prima, noi avevamo scritto a tutti. Ci hanno risposto una trentina; tra cui uno è stato padre Vittorio Blasi. Però con alcuni è nato un rapporto duraturo come con  padre Mario. Con Padre Vittorio, forse perché aveva già un’altra realtà qua che lo sosteneva, più di tanto il rapporto non è nato.

Consideriamo questi 51 missionari con cui noi siamo andati in contatto e che sono dentro questi volumi. 36 sono rigorosamente originari del Fermano, dei nostri paesi: Belmonte Piceno, Montegiorgio, Fermo, Santa Vittoria e così via. 11 fortemente legati in vario modo ad esso: per esempio Padre Remo Villa, di cui il libro Heka News, lui è del Trentino, però è stato a Santa Maria a Mare e tanti se lo ricordano quando era animatore a Santa Maria Mare; i Francescani Conventuali, con cui io e mia moglie fra l’altro siamo stati in Zambia, non erano di Fermo, però insomma stavano qua, e quindi fortemente legati in vario modo al fermano.

Tra questi 11 che non sono originari del Fermano, ci sono anche dei preti africani. Per esempio c’era un missionario della Consolata padre Cyrille Kayembe del Congo con cui era nata una forte amicizia per alcuni anni, poi quando lui tornò giù, abbiamo lavorato con lui appoggiando i suoi progetti. In seguito lui ha avuto dei problemi con la congregazione e adesso sta negli Stati Uniti. Ci sono poi quattro laici, tra cui il primo è stato Peppe De Rosa.

Poi ci sono anche tanti ragazzi che sono partiti con Aloe. Micol Lanzidei prima ci ha detto che noi ci siamo conosciuti nel 2009, ad uno dei nostri corsi. Poi lei è partita con un altro organismo, ma se fosse partita con noi, qua ci sarebbe stato probabilmente un suo articolo. Parliamo di un centinaio di esperienze in missione, fatte da 87 persone, per lo più giovani; 61 delle quali hanno firmato un personale racconto che troviamo qui.

Per avviarmi alla conclusione, voglio spendere due parole sull’indice. Chi legge questi volumi dall’inizio alla fine, come Guglielmina, è un eroe! Però si può fare diversamente. Si può partire dall’indice. Abbiamo un primo indice per annate, che conta poco: significa semplicemente l’anno in cui è pubblicato la Lettera di collegamento. Ma quello che è importante è quest’altro indice analitico, dove troviamo quattro colonne: “Nazione”, “Missionario”, “Progetto” “Pagine”.

Per esempio il primo: nazione Argentina, missionario Don Italo Conti, che è un prete che è stato 37 anni in Argentina e che ora, da 15 anni è tornato in Italia ma che ancora dice la messa mezza in spagnolo e mezza in italiano! Nella colonna “progetto” c’è “Scuola di Tintina”; e nella quarta colonna tutte le pagine dove trovarlo.

Seconda riga: nazione Bangladesh; missionario Lucidio Ceci; progetto Shuktara; oggi, dopo la sua morte, seguiamo Pierluigi Lupi che è un suo confratello. Tra l’altro la storia di Lucidio Ceci, come ho detto prima: spretato, non compreso appositamente nell’elenco di don Francesco, fino a quando lui è morto, nel 2014, noi abbiamo conosciuto solo lui. Abbiamo invece conosciuto i suoi confratelli saveriani solo dopo la sua morte e la cosa che mi ha colpito, a me particolarmente, è la stima che hanno di lui. Pierluigi Lupi porta avanti ancora un po’ della sua scuola. Padre Antonio Germano è quello che ha tradotto una serie di racconti bengalesi di Lucidio. E così via. Il discorso che lui era uscito dall’ordine, era chiaro anche a loro che lo aveva fatto per incarnarsi maggiormente nella situazione locale.

Quindi ecco l’indice analitico: i vari paesi (sono 24 nazioni), i vari missionari, i progetti o le testimonianze, le pagine. Questo è il modo di poter utilizzare questi due volumi. Poi alla fine tutta una serie di voci sulle attività portate avanti negli anni. Queste 1000 pagine parlano infatti anche di corsi di formazioni, marce per la solidarietà, attività di raccolta fondi, convegni, seminari, eventi teatrali, cucina etnica: un periodo facevamo “Etno Food: il mondo nel piatto”quindi cene con cibi etnici. E così via.

Da sottolineare che non ci siamo occupati solo di missionari; abbiamo agganciato anche ragazzi giovani che fanno i cooperanti; magari non sono manco credenti, però fanno cooperazione internazionale. Ci sono due miei ex alunni del Montani che adesso hanno un contratto con le Nazioni Unite e guadagnano pure bene, però hanno fatto tutta una serie di anni con vari organismi. Nell’ultimo numero del giornalino appena uscito, ci sta alla fine anche Alice Beltrami che è quella ragazza che è stata con noi 3 anni in Camerun e che adesso lavora con una Ong in Tunisia. Poi c’è un certo Davide di Petritoli, che mi ha chiesto di non metter il cognome perchè lui adesso lavora per le Nazioni Unite e non potrebbe scrivere articoli senza permessi ufficiali; si trova a Gaziantep, dove c’è stato l’epicentro del terremoto in Turchia. Lui lavora con i profughi siriani e ha la moglie libanese perché è stato tanti anni a Beirut, dopo essere stato anche a Gaza e pertanto conosce molto bene tutta la situazione del Medio Oriente.

Abbiamo sempre cercato di agganciare tutti questi personaggi o storie che legano il Fermano al Mondo, anche oltre la realtà missionaria, perché pensare che i legami fra il nostro territorio e il mondo sia rappresentato dal soli missionari è riduttivo. Ci sono tante altre persone e realtà che operano in tal senso. E qui, a conclusione di questo intervento, presento il percorso che intendiamo presentare in questa prima parte dell’anno.

Dopo questo primo incontro che avete organizzato voi sulla nostra associazione Aloe, infatti, partiamo per un percorso che abbiamo voluto chiamare “Percorso informativo” perché ciò che vogliamo fare è “informare” su “La ricchezza nascosta” dei legami fra il territorio di Fermo e i territori del mondo. Vogliamo dar voce a persone e realtà  del nostro territorio che vivono questa nostra stessa dimensione, con questa sere di incontri che ci accompagnerà fino alla fine di Giugno e che terremo presso la Casa delle Associazioni, in Via Del Bastione qui a Fermo, con il PATROCIONIO della PROVINCIA e del COMUNE di FERMO.

Accenno solo al prossimo appuntamento che abbiamo per Sabato 8 Febbraio. Si tratta di un incontro di carattere storico. Sarà con noi Emanuele Luciani che sta facendo una ricerca con l’associazione Identità Europea, fondata da Franco Cardini, sulle figure dei Missionari che lungo la storia hanno legato la regione Marche e il mondo asiatico: “Storia del Parco storico-letterario Marche-Oriente” si definisce il progetto. Gli abbiamo chiesto di presentarci una sezione sui legami fra il Fermano e l’Asia.

Per gli incontri successivi potete vedere nella locandina che faremo circolare. Questo è il nostro progetto per l’immediato futuro. Grazie per l’ascolto.

GUGLIELMINA ROGANTE. Siamo in chiusura. Ringrazio tutti. Ringrazio moltissimo il giornalista Maurizio Blasi per la sua analisi oltre che testimonianza su questo argomento, un’analisi del tempo attuale che ci fa riflettere. Grazie a Franco che ci ha raccontato una bella storia e grazie alla vostra presenza.


[1] Franco Pignotti, Il piccolo Musungu e altri racconti, Ed. Libritalianet, 2024

[2] Padre Vittorio Blasi, originario di Belmonte Piceno